Rigenerare le città a partire dai più fragili

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Le due grandi e inarrestabili transizioni demografiche contemporanee – invecchiamento della popolazione e urbanizzazione – entro il 2050 faranno rispettivamente raddoppiare di numero gli ultrasessantacinquenni e gli ultraottantenni (Fonti: World Social Report 2023 ed Eurostat), e faranno vivere il 68% della popolazione in aree urbane, con una proporzione di anziani di poco inferiore alle fasce d’età più giovani (Fonte: ONU).

Si prospettano centri urbani sempre più affollati di cittadini over 65, che pongono un tema centrale: come vivere più a lungo e meglio.

Oggi si parla spesso della necessità di città “a misura di anziano”,  intesa come “ luogo che incoraggia l’invecchiamento attivo, ottimizzando le opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita”.

Infatti i fenomeni di gentrificazione e di degrado urbano rendono le nostre città sempre più problematiche soprattutto per i soggetti più fragili come gli anziani che – a dispetto di un indice di vecchiaia in continua crescita – continuano a convivere con tante difficoltà: dalla sempre più frequente carenza di servizi di prossimità (un negozio di alimentari o di frutta, una farmacia, un ufficio postale), alla drammatica assenza di presidi sanitari di cura e assistenza, alle devastanti conseguenze della crisi climatica (piogge intense con allagamenti, fenomeno urbano delle ondate di calore). Solo un dato: a Napoli negli ultimi decenni del secolo ci sono stati 50 giorni in più di caldo intenso rispetto a inizio secolo! ( (Fonte: Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici).

In realtà la sfida della ‘Longevity Rush’ richiede una maggiore consapevolezza politica, sociale e amministrativa, con un conseguente ripensamento e trasformazione delle politiche sociali, del contesto urbano, dei luoghi dell’abitare, dei sistemi di relazioni, del mondo del lavoro: in tal senso occorrerà mettere a punto paradigmi sociali totalmente nuovi in materia di welfare, economia, lavoro, organizzazione delle città.

Perché il binomio invecchiamento-urbanizzazione è un tema che in realtà riguarda tutti.

Ad esempio anche il grande tema della solitudine urbana degli anziani e dei fragili – descritto spesso come problema individuale– deve essere inquadrato all’interno di un contesto socioculturale, economico, politico e ambientale più ampio.

Una recente revisione narrativa interdisciplinare di 57 studi della letteratura scientifica sulla relazione tra ambiente costruito e solitudine –  ha evidenziato come agire – già in fase di progettazione – sugli ambienti urbani costruiti in cui viviamo, può facilitare l’incontro e l’interazione tra le persone, anche di età diverse, prevenendo e contrastando la solitudine.

Distribuzione e progettazione degli spazi; sicurezza e comodità dei mezzi di trasporto;  personalizzazione delle abitazioni; maggiore comunicazione, informazione, accessibilità in tema di collettività e servizi sanitari; coinvolgimento sociale e culturale della terza e quarta età: tutti fattori che rendono le fasce più anziane  della popolazione meno propense a trascorrere molto tempo da sole e viceversa più inclini alle relazioni con gli altri, consentendo e facilitando interazioni sociali pianificate e occasionali.

Oggi però la complessità urbana e gli studi in materia richiedono di rimodulare questi interventi, passando dal focus – ormai insufficiente – di progettazione e pianificazione urbana concentrato esclusivamente sulla terza età, al costruire città che possano favorire una vita urbana sostenibile e longeva, lungo tutto il corso della vita di tutte le persone.

Molte misure di progettazione dell’ambiente fisico urbano che rendono una città a misura di anziano le rendono infatti anche più friendly per tutte le altre età e condizioni, dai bambini, a chi se ne prende cura, alle persone disabili, alle famiglie: riduzione dell’ inquinamento atmosferico e delle acque, incremento di spazi verdi, mitigazione del calore dovuto al riscaldamento globale, partecipazione attiva culturale e sociale, accesso facilitato e gratuito ai servizi pubblici.

C’è insomma bisogno di una nuova rigenerazione urbana che, rispondendo ai bisogni e alle esigenze della popolazione più fragile (come gli anziani) in tema di salute, ambiente, trasporti pubblici, partecipazione sociale, migliori le condizioni di vita nella città rendendola ospitale ed ecosostenibile per tutti.

Tale rigenerazione aiuterebbe la società a ridurre dicotomia e divario generazionale tra gli anziani e gli altri, ad evitare compartimentazioni artificiali e segmentazioni generazionali che isolano le persone in gruppi target (come nella Sanità pubblica), mentre in realtà tutti – indipendentemente dalla nostra età – siamo collegati gli uni agli altri.

La città che si prende cura dei più anziani, che si rende compatibile con le loro esigenze e con i loro diritti (diventando più comoda e facile da vivere), è una città che organizza gli spazi pubblici, gli usi dei luoghi e la mobilità collettiva nel segno della prossimità e delle relazioni, con un abbassamento delle barriere culturali e sociali tra le varie fasce di età.

E si offre come laboratorio e piattaforma per costruire un futuro urbano più connesso, attraverso una preziosa interazione sociale, esperienziale, culturale, professionale tra le generazioni. Una città per gli anziani è davvero una città per tutti.

In Italia, la longevità – con il suo peculiare grande “tasso di anzianità” – e la rapida urbanizzazione, rappresentano insieme una grande opportunità di innovazione, investimento, ricerca, progresso umano e civile.

Come ha detto in proposito Nick Palmarini, direttore del National Innovation Center for Ageing : “Se ciò appare un sogno, l’unica cosa che dovremmo fare allora è avere il coraggio di sognarlo”. Per bambini, giovani, adulti e anziani: per tutti gli abitanti delle nostre città.