
Pensione e lavoro nero - Roadtvitalia.it
Ti sei mai chiesto come integrare il lavoro in nero nei contributi della pensione? Scopri se si può fare e come.
Novità da parte dell’INPS, che annuncia un nuovo diritto per chi sta aspettando la pensione o sta iniziando ad informarsi su quanti anni e contributi rimangono per potersi finalmente godere anni tranquilli, dopo aver lavorato una vita intera. Importante è essere sempre informati sulle novità dell’INPS che potrebbero sicuramente riguardarci da vicino.
Per esempio, in questo caso l’informazione riguarda i mancati contributi versati dal datore di lavoro ai danni del dipendente. Ci sono grosse novità positive anche in quel campo, che rendono così possibile integrare il lavoro in nero nel conteggio dei contributi per ricevere l’assegno pensionistico.
Pensioni e mancati contributi: la novità dell’INPS che cambia tutto
Se il datore di lavoro non è stato del tutto onesto e ha evaso il pagamento dei contributi, facendo risultare così al dipendente un buco nel conteggio dei contributi, l’INPS ci rassicura che si può correre ai ripari. Questo grazie alla circolare n. 48 del 24/02/2025, che stabilisce la possibilità da parte del lavoratore di versarli in un secondo momento, anche se non è stato fatto dal datore.

La circolare recita così:
“Un nuovo diritto, spettante esclusivamente al lavoratore e ai propri superstiti, di chiedere la costituzione della rendita vitalizia, con onere interamente a proprio carico, per i contributi omessi dai datori di lavoro e prescritti”.
Questo non deve essere richiesto per forza dal datore di lavoro, come molti erroneamente credono, ma possono richiederlo anche il lavoratore stesso o i suoi eredi, in caso di morte.
“Il nuovo diritto – continua l’Inps – è attribuito al lavoratore “in via esclusiva e non sostitutiva del datore di lavoro, e sorge solo quando sia prescritto il diritto di chiedere la rendita vitalizia, ovvero quando la rendita vitalizia non possa più essere richiesta all’Istituto né dal datore di lavoro né dal lavoratore in sostituzione del datore di lavoro”
Naturalmente, perché tutto vada a buon fine bisogna poter dimostrare la sussistenza del rapporto di lavoro, presentandosi con alla mano contratti, documenti in regola (come lettera di assunzione e di licenziamento, libretti di lavoro, libri di paga, matricola e altri documenti che attestino il lavoro) e buste paga che dimostrino il rapporto e possano così costituire una prova certa. Il legislatore non accetta, dunque, rapporti di lavoro verosimili o probabili, soltanto certi e comprovati, secondo la cfr. Corte costituzionale n. 26/1984 e n. 568/1989.