Disabili: Anna, mare negato, pochi lidi handicap friendly

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A raccontare questa triste storia è Anna, una paraplegica di 40 anni diventata vedova troppo presto che combatte a dispetto della sua disabilità da quand’è nata

Sfiniti da decine e decine di telefonate per trovare un lido balneare “handicap friendly“, cioè predisposto ad accogliere chi ha avuto la sfortuna di finire su una carrozzella, molti disabili stanno rinunciando alle gioie del mare. A raccontare questa triste storia è Anna, una paraplegica di 40 anni diventata vedova troppo presto che combatte a dispetto della sua disabilità da quand’è nata. Sulla sedia a rotelle, infatti, c’è finita per un errore medico. E’ nata prematura, dopo appena 5 mesi e mezzo di gestazione. Ma i medici si sono dimenticati di metterla nell’incubatrice. Un caso di malasanità che, riferisce, hanno cercato di insabbiare addirittura tentando di posticipare di 4 giorni la sua nascita, per fortuna prontamente registrata all’anagrafe dai genitori.

Ci sono discese e passerelle – spiega Anna all’ANSA – ma quasi nessun stabilimento ha la sedia job, una sedia che ci permette di vivere la spiaggia quasi in modo normale. Noi siamo costretti a fare ogni volta centinaia di chiamate per accertarci che ci siano tutti i servizi per noi, ma purtroppo solo l’1% li ha, e molto spesso anche a distanze grandissime da noi, quindi nella maggior parte dei casi siamo costretti a restare a casa“. “La cosa più brutta – conclude in lacrime la donna – è che molte di queste telefonate si concludono con i gestori degli stabilimenti che, quasi infastiditi, ti riattaccano il telefono dicendo che sono impegnati e non possono lavorare“. Anna torna a parlare, infine, della sua triste storia e di una lettera, tristemente ironica che avrebbe voluto far pervenire a colui che l’ha resa quasi un vegetale: “La clinica esiste ancora, il dottore non lo so, ma lo scoprirò“, dice.

Vorrei parlare con lui, e dirgli che grazie al suo errore umano io sono molto privilegiata: posso parcheggiare dove voglio ed ho un’automobile con l’acceleratore sul volante, come i piloti di Formula 1, a differenza delle mie amiche che erano costrette dalle mamme a fare le pulizie in casa, io non lo ero, non potevo lavarmi neanche i piedi da sola, figuriamoci la casa“. “Grazie a questo grande dottore quando – conclude la donna – mi sono sposata non ho rischiato di cadere sui tacchi, avevo la mia sedia sempre a proteggermi, grazie a lei dottore, quando a 30 anni sono rimasta vedova, non ho sentito la fatica di vegliare sul corpo di mio marito e di avere mancamenti al funerale, quando sono svenuta, mi sono svegliata sulla carrozzella“.