L’Australia richiama in servizio infermieri positivi al Covid

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L’Australia richiama in servizio infermieri positivi al Covid

La misura d’emergenza, che serve a fronteggiare i 50000 contagi quotidiani registrati dallo scoppio della variante Omicron in Australia, potrebbe costituire un precedente significativo in altri paesi.

di Luigi Casaretta.

L’Australia, che ha tenuto i confini sigillati per due anni e costretto alla quarantena di 14 giorni nei Covid center le persone giunte dall’estero, la terra dove ha tenuto banco la querelle legata al campione del tennis Novak Djokovic che non poteva partecipare agli Australian Open perché non vaccinato e che,alla fine, presenzierà con un permesso speciale all’imminentetorneo, ha deciso di far rientrare al lavoro diversi infermieri positivi al Covid-19, in violazione di quanto previsto dai protocolli sanitari, presso ospedali del Nuovo Galles del Sud, a seguito dell’emergenza organizzativa legata alla carenza di personale per la massiccia diffusione della variante Omicron, che ha costretto in isolamento circa 2.500 sanitari nello Stato dove ha la sede la città di Sydney.

La notizia riportata dalGuardian, conferma anche i timori degli infermieri e del personale sanitario tutto, in servizio e non contagiato, che si ritrovano a lavorare a stretto contatto con personale ammalato. Ovviamente la scelta di richiamare in servizio personale sanitario è da ascriversi ai soli asintomatici che in servizio lavoreranno con i previsti dispositivi di protezione individuale.

Secondo però lo stesso giornale, in alcuni casi gli infermieri sono apparsi tuttavia a lavoro con sintomi classicicome tosse e raffreddore, e avrebbero prestato servizio anche in reparti non-Covid.

La misura d’emergenza che serve a fronteggiare i 50000 contagi quotidiani registrati dallo scoppio della variante omicron potrebbe costituire un precedente significativo in altri paesi considerando che con questa variante, i contagi hanno toccato cifre mai rilevate prima, nonostante i tracciamenti a tappeto e la chiusura delle frontiere che avevano consentito al paese di uscire dalle precedenti ondate senza provocare collassi al sistema sanitario nazionale.

L‘Australia oltre a richiamare in servizio personale contagiato seppur vaccinato, si affida al prosieguo della campagna vaccinale con il 91,5% della popolazione che ha già ricevuto due dosi e 2,5 milioni il booster. Ma nel frattempo anche il personale che lavora nei numerosi centri per i tamponi in New South Wales, Victoria e Queenslandsi è ammalato al primo contatto con il virus, pertanto, si è dovuto nuovamente chiudere per la mancanza di personale o per l’impossibilità di processare tutti i campioni, rendendo difficile anche la localizzazione dei focolai.