Vedi Napoli e poi muo…viti. Napoletani a Berlino

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napoletani a berlino

Napoletani a Berlino. Vedi Napoli e poi muo…viti. Il muco di Berlino. Espettorazioni sulla realtà italiana dalla capitale tedesca

Qui è cominciato il freddo e tocca trovare delle cose da fare al coperto. Nuotare è una di quelle. Oggi una bimba nella corsia accanto alla mia nuotava in senso inverso rispetto alle compagne, rischiando capocciate ogni 25 metri. L’istruttrice che insegna ai piccolissimi (3-6 anni) i primi rudimenti del nuoto nella Stadtbad di Wilmersdorfer è una che sembra un concentrato di tutti i luoghi comuni biometrici sul popolo tedesco. Tripletta biondazzurronasoall’insù montata su tre metri e sessanta di corporatura massiccia, ma io ero già in vasca, potrei sbagliarmi sull’altezza.

L’ha dolcemente rimproverata dicendole: Nunzìa, die andere Seite bitte. Ed io, a mollo tra una vasca in stile rana emiplegica ed un’altra nel tipico andamento da tritone ubriaco, ho pensato il seguente:

1) Ci dobbiamo sempre far riconoscere, cazzo.

2) Al netto dell’accento sulla vocale sbagliata, chiamarsi Nunzia è come avere il certificato d’origine controllata stampato sulla fronte. E non va via neanche con il cloro.

Napoletani a Berlino

Anche io come Nunzia vengo da Napoli. E dico Napoli e non Italia di proposito. Perché casomai non ve ne foste accorti, quella città è da almeno tremila anni nel bene o nel male una piccola repubblica indipendente. Solo che a forza di Nunzie d’oltralpe, è destinata a diventare una piccola disabitata repubblica indipendente.

Vedi Napoli e poi muoviti, che perdi l’aereo per il futuro. Qui non stanno arrivando solo i siriani a stiparsi come bastoncini Togo lungo le strade di Moabit. Anche noi continuiamo a venire a scaglioni, a frotte, a manipoli. E se vivessimo davvero in un mondo regolato da un disegno ultraterreno, vorrei che comprendesse anche l’emigrazione degli operai tedeschi a Rejkjavik. Mi accontenterei anche solo dei dirigenti della Volkswagen, ma confido poco in dio. Uno qualunque, intendo. Che nessuno si senta offeso.

Comunque, a proposito di religione, dopo aver lungamente nominato con una certa rudezza quasi tutto l’omerico Olimpo per essermi dimenticato le monetine da 5 centesimi utili al funzionamento dei caschi asciugacapelli – qui non si usa portarsi dietro il phon ed uscire con i capelli asciutti, qui siamo vichinghi, noi, i mortacci loro – sono corso in metropolitana come un etiope all’ultimo giro dei 5.000 metri. Una volta entrato nella vettura della U-Bahn mi sono seduto nel primo posto libero. Di fronte a me, due suore dell’ordine delle Calcuttiane, o come cacchio si chiamano quelle che sembrano tante madri Terese. La più giovane non mi toglieva gli occhi da dosso. Non ho pensato neanche per un attimo ad un vacillamento della fede. Non credo che sarei in grado di far convertire chicchessia a qualsiasi cosa su questa terra.

La risposta era nel mio riflesso sul vetro alle sue spalle. Con i capelli lunghi gocciolanti e la barba bianca sembravo anche io un gesucristo sopravvissuto al Golgota. L’ennesimo gesucristo scappato dalla barbarie di una guerra o semplicemente da una disoccupazione al 40%, con il sogno di aprire una pizzetteria a Berlino.

Tschuess dal vostro Khan Akis da Berlino

Photo by Khanakis