sabato, Luglio 27, 2024
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Una visione alta

di Vincenzo Vacca.

Quando l’Italia uscì dalla seconda guerra mondiale che, ricordiamo, produsse nel mondo diverse decine di milioni di morti, era letteralmente in ginocchio. Il fascismo aveva coinvolto il Paese in una guerra ideologica con la falsa illusione che sarebbe stata breve. Mussolini era ben consapevole che l’esercito del nostro Paese era assolutamente inadeguato allo sforzo bellico, ma ugualmente lanciò l’Italia in questa nefasta avventura. Le nuovi classi dirigenti dovettero affrontare un compito immane e non era assolutamente certo che saremmo riusciti a rialzarsi,  ma alla fine, nonostante una serie di contraddizioni, la nostra penisola riuscì a sollevarsi e, a partire dagli anni ’60, diventare la sesta potenza industriale. Come fu possibile un risultato del genere?
Un risultato straordinario,  se si tengono presenti le tragiche condizioni di partenza. Fu possibile, a mio avviso, perché, pur essendo in presenza di forti contrapposizioni ideologiche, derivanti soprattutto dalla divisione in blocchi contrapposti del mondo, quasi tutti i partiti, facendo riferimento al patto costituzionale, fecero prevalere una visione generale, mettendo al primo posto le esigenze del Paese e poi quelle più specificamente partitiche.  Basti pensare che la Costituzione fu promulgata quando c’era già il Governo De Gasperi, il quale aveva escluso dal proprio Esecutivo le sinistre. La lungimiranza di tutti i leader politici di allora fu quella di separare la necessità fondamentale del Paese di darsi una Costituzione da scontri politici contingenti. Non viene ripetuta mai abbastanza la frase: “lo statista guarda alle prossime generazioni, il politicante alle prossime elezioni“.
Certamente il disastro  economico provocato dalla pandemia attuale, e non sappiamo quando cesserà definitivamente la circolazione del virus, può essere paragonato agli effetti di una guerra. Su questo sono concordi tutti gli economisti. Quindi, anche in questo tornante storico, così drammatico per tutti, occorrerebbero classi dirigenti all’altezza della situazione. Per classi dirigenti non intendo solo quelle di carattere politico – istituzionali, ma anche imprenditoria, commercio, mondo delle professioni, etc.. Anche in questo momento sarebbero necessari statisti in grado di alzare il proprio sguardo e il proprio agire da beghe da cortile che, tra l’altro, sono anche molto provinciali. In realtà,  siamo arrivati in una situazione nella quale il politicante non  guarda le prossime elezioni, ma l’esito del sondaggio del momento. Sulla base del quale, modifica la posizione politica, contando sulla smemoratezza dell’opinione pubblica. Operazione che riesce quasi sempre, in quanto la politica si è ridotta a spettacolo. Questa considerazione non vuole assolutamente cedere all’antipolitica, anzi vuole essere un monito volto a far acquisire alla politica una capacità di governo effettivo della cosa pubblica, sottraendola ai ciarlatani. Abbiamo bisogno di visioni per il futuro (da non confondersi con i visionari), e questo lo può fare solo la Politica con la P maiuscola. Potrà apparire nostalgico questo ragionamento, ma non è così.
Intanto, il Paese non ha mai avuto una età dell’oro, durante la quale non abbiamo avuto gravi problemi. Ne abbiamo avuto sempre da affrontare, e spesso molto gravi.  Invece, quello che provo a evidenziare è la necessità vitale, indilazionabile per il nostro Paese, a costruire una visione alta, quanto più condivisibile. Ad esempio, perché non approfittare di questo momento per dare uno  slancio strutturale al nostro meridione al fine di attenuare quanto più possibile le disparità economiche tra Nord e Sud. Occorrerebbe mobilitare tutte le energie positive che pure abbiamo: organismi intermedi, intellettuali, il mondo della scuola, il volontariato. In modo tale che tutti, in termini di qualificate idee e proficuo impegno, possano contribuire al rilancio duraturo dell’Italia. Occorre, preliminarmente, isolare definitivamente i soggetti che strumentalizzano demagogicamente i problemi del Paese. Credo che la gestione dell’ermergenza covid, nonostante gli innegabili errori che sono stati commessi, abbia fatto emergere la distinzione tra gli atteggiamenti assunti per vellicare solo il proprio elettorato e quelli, invece, posti in essere per affrontare quanto meglio possibile la menzionata emergenza. Se, come opinione pubblica, chiediamo legittimamente una visione alta dei problemi, non possiamo esimerci dall’impegno di vagliare meglio e di più le proposte in campo allo scopo di contribuire all’arricchimento delle stesse. In caso contrario, rassegnamoci al demagogo di  turno.
Redazione Desk
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