
Alessandro Pierfederici è musicista di fama internazionale e scrittore affermato. Il suo ultimo romanzo si intitola “Sull’altare del dio sconosciuto”.
L’intenso romanzo di formazione “Sull’altare del dio sconosciuto” è una riflessione profonda sull’essere umano. Una storia sincera, appassionata, un viaggio nell’animo umano che combatte col destino la sua battaglia per la libertà. Sempre in bilico tra il dovere e il proprio istinto ritroviamo il protagonista Ruggero che si dimena tra la necessità di essere sé stesso e un destino già scritto da seguire.
- Alessandro, la tua vita si divide tra note e parole. Quale influenza l’altra?
Fin da bambino ho studiato la musica e ho coltivato la scrittura e queste passioni sono rimaste sempre in me, al punto che la musica è diventata la mia professione mentre la scrittura ha accompagnato i momenti più intensi della mia vita come uno sfogo, una confessione intima e solo in età matura ha preso la forma di una seconda attività, con la pubblicazione di romanzi, racconti, un saggio e anche di articoli e lavori teatrali, uno dei quali rappresentato alcuni anni fa. Sicuramente queste due espressioni d’arte si influenzano a vicenda e non è facile individuare quella che ha un peso maggiore sull’altra ma il senso del ritmo e dell’armonia, il fluire dei suoni, la visione della forma musicale nel suo insieme hanno avuto e continuano ad avere un ruolo fondamentale, rilevato anche da critici e lettori, sul mio stile letterario e sulla musicalità della scrittura, da più parti notata per la sua armoniosità: è come se la cantabilità delle melodie e la varietà di timbri e colori che danno vita alla musica siano una sorta di substrato sul quale, naturalmente e istintivamente, costruisco i miei testi narrativi. Lo studio dell’analisi musicale, inoltre, mi ha fornito criteri e mezzi per analizzare i testi che leggo e per costruire i miei. La musica è stata anche fonte d’ispirazione del mio secondo romanzo, che racconta la storia di un musicista e la cui narrazione è costellata di considerazioni, citazioni, spiegazioni della musica, che diventa così costante colonna sonora, dando forma e realtà alle emozioni e alle vicende del protagonista.
Cosa dia la scrittura al mio modo di fare musica, invece, è una questione più complessa perché meno tangibile: certamente una visione espressione più completa, il gusto per la parola nella musica cantata, uno stimolo a rendere l’esecuzione musicale sempre chiara e intelligibile, come se suonare fosse veramente raccontare una storia.
- Il conflitto dell’animo umano è il tema del romanzo. Amicizie, avventure, riflessioni, la vita di Ruggero sembra una prigione da cui scappare? È così?
Sì, la prigione rappresentata esteriormente dal collegio militare è anche nell’animo del protagonista, combattuto fra il dovere e l’obbedienza alla tradizione familiare e il desiderio di libertà, di affermazione della propria interiorità e individualità, di perseguire la sua vocazione e le sue aspirazioni. Ruggero si dibatte fortemente per rompere le catene che egli stesso ha indossato, ed ogni sua vicenda, ogni suo rapporto con gli altri è volto a superare l’oppressione della realtà che lo circonda e gli impedisce di trovare la sua vera dimensione. I compagni di studi si rapportato con lui nelle maniere più diverse, all’amicizia sincera ad una sorta di paternalismo protettivo, dall’indifferenza all’ostilità, e ognuno di questi atteggiamenti si ripercuote sul suo animo, suscitando in lui riflessioni e spingendolo ad azioni volte a sopravvivere in un ambiente crudo, severo e nemico, pur dovendo mantenere i più segreti possibile il suo disagio, la sua debolezza e il suo desiderio di fuggire. Questo disagio lo tormenta anche fuori dalla scuola: la sua vita è una costante ricerca di qualcosa che gli sfugge sempre all’ultimo momento, come se spingesse le braccia fuori dalle sbarre della prigione senza arrivare a toccare l’oggetto del suo desiderio. E quando finalmente ha raggiunto un momento di serenità e gioia, anche questo si trasforma in una prigione, fatta di dubbi attese, lontananza, ossia il volto più doloroso dell’amore appena scoperto. È come se la vita del giovane si attorcigliasse attorno ad una spirale, per precipitare sempre più in basso, e in tal senso la conclusione assume anche un significato simbolico, come l’inevitabile esito di tanta angoscia e inquietudine.
- Cosa succede a lui e ad altri compagni che vivono nel collegio militare? La realtà supera il sentito dire?
La vita di un collegio militare è per definizione dura, improntata ad una rigorosa e ferrea disciplina volta a formare e addestrare individui pensanti affinché facciano ciò che razionalmente non farebbero mai: combattere, rischiare la vita, uccidere e morire. Le giornate sono scandite da orari ferrei e occupazioni ripetitive e noiose, cui si aggiunge la costante paura di sbagliare e delle conseguenti punizioni e la forzata rinuncia alla propria individualità. Se pensiamo che la vicenda si svolge fra il 1910 e il 1911 e quindi si parla di un collegio militare del Regio Esercito che da lì a poco avrebbe invaso la Libia e combattuto nella Prima Guerra mondiale, possiamo immaginare la durezza di un ambiente che non perdona, soprattutto se in quel contesto c’è anche chi fra i superiori prende di mira per motivi personali il giovane capitato sotto di lui. Tanto è il rigore e tale l’aura funesta che aleggia in quella scuola che non c’è da meravigliarsi che si diffondano voci su presunte presenze sovrannaturali. Tali voci, il “sentito dire” diventano realtà, nell’animo del protagonista, che in quelle visioni vede riflesso il suo dramma interiore, e il lettore non saprà mai se quelle apparizioni siano solo il frutto della sua mente eccitata e turbata o siano reali, cosa di cui è convinto l’amico Marchetto, una delle voci della coscienza di Ruggero, che prende forma reale e diventa anche lui strumento dell’affermazione della volontà del destino.
- “Sull’altare del Dio sconosciuto” è anche un romanzo che parla d’amore. In quale maniera? E come influisce sulle scelte umane e professionali del protagonista?
Vi sono diversi aspetti dell’amore nel romanzo. Ruggero non conosce questo sentimento, o meglio conosce solo l’amore materno, l’unico vero contatto femminile della sua vita. Sarà proprio al collegio che inizierà ad avvertire le pulsioni adolescenziali, alla vista delle rare figure femminili all’interno del collegio, in particolare Elsa, la giovane moglie del comandante; e poi la visione delle donne presenti nel mondo esterno al microcosmo della caserma e la malefica identificazione della madre con Elsa e con il fantasma della ragazza morta alcuni anni prima, prepara il terreno per ciò che accadrà durante le vacanze estive in montagna. In tale occasione, Ruggero si innamora per la prima volta, scopre la realtà e la natura dell’animo femminile e della sensualità e ne resta segnato per sempre. Sarà in questa condizione d’animo che compirà finalmente la scelta che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto sottrarlo alla prigionia del collegio e all’oppressione dei suoi sentimenti. Esiste poi l’aspetto dell’amore invano cercato da donne già madri, la già citata Elsa e la stessa madre di Ruggero, o l’amore segreto e taciuto della cugina Marta, che ad un tempo desidera e si colpevolizza, o di Loreley che, pur nella sua cruda ed umiliante realtà, svela in un solo istante la grandezza e generosità dell’animo femminile che desidera quel vero amore che sa bene che non potrà mai trovare.
- Alessandro, cosa rappresenta l’altare del Dio sconosciuto? Siamo tutti vittime, oppure possiamo scegliere?
L’altare è da sempre il luogo sul quale si compiono i sacrifici agli dei e, di contro, il luogo sul quale le divinità impongono che vengano effettuati i sacrifici in loro onore. Questo dio sconosciuto, che richiede ad ognuno di diventare vittima della sua volontà e di compiere sacrifici che possono andare da semplici rinunce alla perdita della stessa vita, è il destino riservato a ciascuno di noi. In questo senso siamo tutti vittime al punto che anche tutto ciò che facciamo per contrastare le possibili avversità, è in realtà volontà di quello stesso destino, che definisco “Dio” in riferimento soprattutto al carattere dell’onnipotenza. E tutte le vicende che accadono, le persone che incontriamo e ciò che fanno, pur nella convinzione di essere noi liberi nella nostra volontà, è in realtà espressione di quella volontà superiore che tutto condiziona e impone.
- I tuoi progetti letterari dopo questo romanzo quali sono? Cosa stai scrivendo ora?
Ho appena finito la mia prima raccolta di poesie, che ora sto controllando ed editando, per pubblicarla il prossimo mese per motivi legati al titolo della silloge. Raccoglie poesie ispirate a due episodi giovanili di amori delusi, il secondo dei quali fece a suo tempo riemergere le emozioni dolorose del primo, versi scritti nell’arco di molti anni e che finalmente hanno trovato una sistemazione organica. Sto scrivendo anche un romanzo breve nel quale sperimento per la prima volta la tecnica di scrittura del monologo interiore e vorrei riuscire a pubblicarlo entro l’anno. Ho in corso anche la stesura di una seconda raccolta di racconti e di un ampio romanzo storico, iniziato già da una decina di anni e che sto portando avanti ad intervalli. Infine, ho in progetto un secondo saggio musicale che, nelle mie intenzioni, dovrebbe diventare molto stimolante, in quanto affronta un argomento classico ma dalla prospettiva opposta. E poi, ma questo è ancora un desiderio più che un progetto, mi piacerebbe tornare a scrivere qualcosa per il teatro, sia frammisto con la musica, come ho già fatto, che anche di sola prosa.
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