Salvini abiura 25 anni di Lega Nord per qualche voto in più?

Matteo Salvini a RTL spera nella memoria corta e nell'intolleranza delle masse per abiurare 25 anni di Lega Nord e con ciò conquistare milioni di voti a Sud (nient'altro che un bacino elettorale).

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Salvini rinuncia a 25 anni di razzismo antimeridionale e alle radici della Lega Nord per ottenere voti

Più si va avanti e più ci si rende conto che è possibile per chiunque negare la storia. Dalle stragi ai genocidi, dalla propria identità alla forza gravitazionale, si può ormai dubitare di tutto e argomentare sull’inesistenza del passato. Nel medesimo solco sembra incanalarsi, anche, Matteo Salvini, che dopo le dichiarazioni estive sulla nascita dal nulla di un nuovo soggetto politico per il Sud marchiato Lega, ai microfoni radio RTL nega un momentino 25 anni di storia della Lega.

Ai microfoni di RTL Salvini abiura la coerenza per mero opportunismo

 

Con quest’ultimo atto Salvini da conferma, a chi già da tempo ne parlava, di una fine della Lega Nord. Sicuro il tempo della Lega Nord come soggettività politica è finita e sempre più si cerca di resuscitarla sul profilo personale di Matteo Salvini. Ormai non esiste nemmeno più un tessuto ideologico, la Lega Nord ormai si appiattisce al profilo personale di Matteo Salvini, un uomo che, scollandosi completamente dal suo passato, dichiara che la Lega Nord si è sbagliata sui meridionali ed è pronta con lui ad abiurare 25 anni di etnofederalismo antimeridionale.

Matteo Salvini ha confessato ai microfoni di RTL:cosa mi ha fatto cambiare idea sui meridionali? Sono i fatti. Probabilmente il Sud lo conoscevo poco, ho fatto degli errori. Adesso sono stra-convinto che l’Italia o si salva tutta, da nord a sud o non ce ne è per nessuno. Prima ci si risolleva tutti insieme dalle due emergenze, disoccupazione e immigrazione, con risposte che servono anche al Sud“, poi si può nuovamente parlare di autonomia, secessione debole e federalismo.

Come nasce l’etnofederalismo della Lega Nord?

Ancora una volta, con il fine di strappare voti agli avversari, la massima espressione della politica italiana è disposta a rimettere in discussione identità ormai consolidate, nella speranza che lo spaesamento e la totale idiozia delle masse faccia il resto. Come già si scrisse in passato la Lega Nord nasce con la fine del Partito Comunista Italiano e della Democrazia Cristiana.

In una nazione sempre più secolarizzata e laica gli anni ’80 e ‘90 sono stati caratterizzati dalla comparsa di nuovi populismi, nuovi movimenti politici per le autonomie, locali e regionali, come il Partito d’Azione sardo, il Movimento Neo-Borbonico di Pazzaglia, la Liga veneta di Franco Rocchetta. Il tentativo di trasformare la Liga veneta da movimento locale a regionale portò Umberto Bossi a capo della Liga e alla conquista di nuovi consensi. A cavallo dello scandalo di Tangentopoli (1992) nacque la Lega Lombarda, un vero e proprio “noi” politico, una nuova soggettività di matrice etnica, portavoce ben presto di quello che poi si chiamerà l’etnofederalismo della Lega Nord.

L’etnofederalismo nasce come razzista e secessionista, ma si trasforma poi in un’identità a pretesa nazionale pronta a realizzare una secessione debole, amministrativa, burocratica e non territoriale. La Lega Nord (1989) con Bossi, Borghezio e uomini più moderati come Maroni, divenne in grado di sopravvivere a se stessa e ad affermarsi come voce ferma di una dura lotta del popolo padano contro Roma ladrona e il Sud parassita. In nome di una nuova alleanza antinazionale e della demolizione delle politiche assistenziali verso il Sud che “infiacchiscono” le economie del Nord, nelle elezioni del ’94 la Lega ottenne un buon numero di voti, ma non abbastanza da diventare di un certo peso nella coalizione berlusconiana.

Gli effetti di questo secessionismo non fecero che indebolire la Lega stessa fino a quando Bossi non decise di trasformarla in una identità trans-regionale del nord Italia attraverso la vecchia teorica dell’amico-nemico. Contro la partitocrazia e le insufficienze di un governo nazionale centralizzato, la Lega Nord decide di incarnare gli ideali più beceri della destra italiana, contro un nemico molte volte dai contorni sfumati e inesistente, ma in grado di pilotare comunque il dibattito pubblico per la fagocitosi dei contendenti.

Dopo tutto questo Matteo Salvini è pronto a sacrificare la coerenza a se stessi e la propria identità per nudi calcoli elettorali. La domanda che ora ora irrompe è la seguente: le masse meridionali staranno al gioco della memoria corta o daranno il ben servito?