La carità, unico antidoto alla povertà?

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Soldi fanno la felicità: la conferma arriva da uno studio

Povertà – Si è discusso molto, e lo si sta facendo ancora, in ordine alla proposta di Enrico Letta, segretario del Partito Democratico, di alzare l’imposta dal 4 al 20% per le successioni sopra i 5 milioni di euro al fine di assicurare ogni anno a 280 mila diciottenni meno abbienti una dote da 10 mila euro per formazione, casa e nuove imprese.

C’è stata una vera e propria levata si scudi, nonostante che l’Italia sia il fanalino di coda per quanto riguarda le imposizioni fiscali in materia di eredità e di successione.
Il premier Draghi, nel respingere la proposta, ha dichiarato: “È il momento di dare, non di prendere soldi ai cittadini”.
Una dichiarazione, evidentemente fatta per tenere insieme la eterogenea maggioranza di Governo, infatti è evidentemente fuori luogo in ordine alla proposta del PD che non chiede di aumentare in modo generalizzato la pressione fiscale, bensì di aumentarla nei confronti dei super ricchi a favore di una fascia giovanile della popolazione svantaggiata economicamente.
Inoltre, qualcuno, sempre al fine di confutare questa proposta, si è chiesto perché non finanziare questa manovra pro diciottenni con una parte degli ingenti provvedimenti economici che verranno dall’Europa. La risposta è molto semplice: perché quei finanziamenti sono a debito e, quindi, prima o poi lo dovranno pagare gli stessi giovani di oggi. Pertanto, è preferibile la tassa di successione sui patrimoni alti ereditati.
Certo, per riavviare il Paese e fargli superare le storiche arretratezze occorre molto altro, ma si rimane colpiti dalle reazioni a difesa della intoccabilità dei patrimoni elevati.
La verità è che, indipendentemente dal contenuto della proposta in argomento, l’ egemonia culturale neoliberista che ha imperversato almeno negli ultimi quarant’anni induce a delle reazioni immediate nel momento in cui si propone un minimo riequilibrio sociale attraverso la leva fiscale.

La carità, unico antidoto alla povertà?

Di incanto vengono meno tutti i riferimenti alla nostra Costituzione che anche su questo punto è molto chiara. La nostra Legge fondamentale stabilisce la “progressività” in ordine alla pressione fiscale ovvero chi ha di più deve contribuire maggiormente alle spese dello Stato.
Ma la narrazione neoliberista è penetrata nel profondo delle coscienze collettive, costruendo un senso comune per il quale contribuire sulla base della propria capacità contributiva costituisce un “furto”, nonostante che nelle situazioni emergenziali, come quella della attuale pandemia, chiediamo un intervento efficace da parte dello Stato in tutte le sue articolazioni.
Nelle situazioni emergenziali, ci ricordiamo che gli ospedali, le scuole, gli asili nido e tanto altro ancora mancano in misura sufficiente anche a causa della enorme evasione fiscale presente nel nostro Paese.
In quest’ ultimo anno sono caduti come castelli di carta tutte le teorie economiche secondo le quali meno è presente la mano pubblica e più si garantisce il benessere economico dei cittadini.
La famosa idea dello “sgocciolamento” per la quale più il ricco diventava tale e più una parte della sua ricchezza “sgocciola” a favore dei meno abbienti, ha avuto una plateale smentita.
Tommaso Padoa-Schioppa fu deriso per aver detto che “le tasse sono bellissime” e abbiamo avuto un Presidente del Consiglio che riteneva l’ evasione una forma di legittima difesa, e anche per questo veniva osannato.
In uno Stato di diritto, la vera solidarietà nei confronti dei poveri è rappresentata dall’ adempimento dei doveri fiscali, non da meri atteggiamenti  caritatevoli che non sempre sono nobili.
Pur tenendo conto di una certa marginalità della proposta di Letta, in quanto occorre ripensare radicalmente il sistema fiscale, ritengo che sia stato un bene aver infranto un vero e proprio tabù e, comunque, alcuni interventi in questa materia, più cogenti di altri, potrebbero fare parte  di una riforma complessiva e potrebbero essere attuati in attesa di provvedimenti legislativi di carattere fiscale generale.
La tassa di successione garantirebbe una maggiore uguaglianza di opportunità, diminuendo le differenze nelle condizioni di partenza.
Inoltre, avrebbe anche un carattere simbolico di non poco conto in un periodo nel quale la crisi si è concentrata sui ceti meno abbienti, mentre i bassi tassi di interesse e l’ aumento del valore delle azioni hanno innescato un aumento dei patrimoni di persone che erano già in una posizione più alta nella distribuzione del reddito.
Non bisogna considerare la tassa di successione come una forma di esproprio che impedirebbe ai piccoli imprenditori di lasciare la propria azienda ai figli e/o la casa agli eredi, in quanto la tassa di successione può essere modellata in modi non punitivi, e la proposta di Letta non evidenzia una forma di accanimento nei confronti di chi eredita dei patrimoni, se la si legge in modo non isterico.
Pur di preservare le immense ricchezze, si agitano ancestrali paure e non si entra nel merito delle proposte finalizzate a ridurre le enormi diseguaglianze sociali, ma si ripropongono slogan, quali appunto “espropriazione”.
Tanti che giustamente si lamentano che la sinistra è diventata il partito della Ztl, nel momento in cui siamo in presenza di una proposta che va nella direzione di ridurre i divari sociali, ecco che si commenta in modo strumentalmente negativo.
Una democrazia tiene soprattutto se si costruisce una coesione sociale; se nessuno si ritiene ai margini del progresso economico; se si smette di pensare che la povertà sia una colpa e non, invece, un risultato di un certo tipo di sviluppo economico.