
Ancora fuoco, ancora silenzio, ancora omertà. Nella notte tra il 29 e il 30 maggio, un’auto è stata data alle fiamme all’interno del garage di un bene confiscato alla camorra nel cuore di Giugliano (Na) in via Comunale Palmentiello, creando danni non solo al mezzo, ma anche alle pareti esterne della palazzina. Attenzione, non si tratta di un capannone qualunque, ma un luogo che doveva essere adibito ad abitazioni per sei famiglie della comunità Rom locale, grazie ad un progetto coordinato dalla Prefettura di Napoli in collaborazione con la Regione Campania, il Comune di Giugliano, le forze dell’ordine, rappresentanti religiosi e realtà del Terzo Settore, accordo firmato proprio ieri in seno ad un progetto di legalità ed inclusione sociale.
Le forze dell’ordine stanno lavorando per accertare se si è trattato di un atto intimidatorio legato alla destinazione sociale del bene o se vi siano altre piste. Al momento, non risultano rivendicazioni né testimoni oculari. Un vero atto di criminalità, un gesto molto grave così come definito dal prefetto di Napoli Michele Di Bari. Ora la domanda è: ma chi ha paura di sei famiglie rom in un bene confiscato? Un rogo come questo non distrugge solo un’auto, ma tenta di spegnere un’idea: quella che anche a Giugliano sia possibile vivere fuori dai confini del pregiudizio e del potere criminale. C’è chi sospetta sia stato un gesto della malavita (l’immobile infatti apparteneva ad un noto clan locale), la camorra è infatti allergica al riuso sociale dei beni confiscati, ma non è solo la camorra a opporsi: spesso lo fa anche una parte della popolazione, con forme più “accettabili” di rifiuto sociale. Fiamme quindi non di sola criminalità, ma razzismo vero e proprio, odio sociale, segno di una comunità che preferisce lasciare un edificio vuoto piuttosto che vederlo abitato da chi reputa “altro al di fuori di sé”.
Eppure Giugliano è il terzo comune della Campania per numero di beni confiscati: oltre 250 tra immobili, terreni e locali commerciali, secondo i dati aggiornati dell’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati (ANBSC), ma di questi meno della metà è stato effettivamente riassegnato e riutilizzato in modo stabile. Le difficoltà? Burocrazia, assenza di fondi, e ostilità sociale.
Ora non è in gioco solo l’integrazione dei Rom, ma la tenuta democratica di un territorio, la sua capacità di non piegarsi a chi vorrebbe governarlo con la paura, l’odio e la rassegnazione. A Giugliano, tra camorra, pregiudizi e abbandoni, non è facile restare umani. Ma oggi, più che mai, è necessario.