
Napoli ha da sempre un rapporto viscerale con l’Arte, un legame che si è espresso nel tempo attraverso i numerosi interpreti a cui ha dato i natali. Negli ultimi tempi si sente prepotentemente parlare di Cassandra Parla, un progetto di Emanuela Auricchio, giovane street artist che usa la sua arte come mezzo di protesta, rivendicazione e riflessione: le sue opere, veri e propri manifesti colorati affissi sui muri della città, sono un grido contro il patriarcato, un inno alla resilienza femminile e un omaggio alla cultura “terrona”. L’idea nasce dal desiderio della pittrice nonché mediatrice culturale di dare voce a chi spesso non ne ha, ispirandosi alla figura mitologica di Cassandra, la sacerdotessa prima benedetta da Apollo ma poi subito maledetta, restando per sempre inascoltata. Una metafora più che giusta, le donne ancora oggi vivono in una società patriarcale sotto parecchi aspetti, e la loro considerazione in vari ambiti è ancora sulla soglia del minimo. I volti di donne ritratti nei suoi manifesti sono infatti accompagnati in senso provocatorio da slogan e citazioni in dialetto napoletano, rendendo il messaggio ancora più autentico: l’uso del dialetto non è infatti casuale, ma un modo per restituire importanza culturale alla lingua locale e per rendere il messaggio accessibile tra la gente comune. “Ngopp ‘o corpo mio facc chell ca dico io” (sul mio corpo faccio quello che dico io) è uno degli slogan più iconici che campeggia sui muri di Napoli, un chiaro esempio del desiderio di autodeterminazione che caratterizza l’arte della Auricchio. A chi pensa che ormai oggi il patriarcato non esiste più, o almeno nei Paesi occidentali lì dove la cultura ha portato progresso, purtroppo bisogna dire che non è così, o almeno non lo è nel totale: pensiamo ad esempio al mondo del lavoro, dove il gender gap resta una realtà ben delineata, anche se spesso occultata; o un altro esempio può essere quando la violenza di genere viene minimizzata, colpevolizzando la vittima o riducendo i femminicidi a “raptus” o “drammi della gelosia. Ed anche la stessa tv alimenta spesso stereotipi sessisti, con alcuni spot pubblicitari e programmi televisivi che presentano ancora una visione della donna come oggetto o supporto del successo maschile, e solo raramente come vera protagonista. I manifesti di Cassandra Parla quindi non sono solo opere d’arte, ma veri e propri strumenti di dissenso, rappresentano un atto di riappropriazione dello spazio pubblico da parte delle donne. “Gli atti di vandalismo e di violenza sono stati tantissimi: un uomo mi ha rincorsa e poi ha sputato sui miei dipinti. Mi sono trovata insulti sessisti scritti sui manifesti. Sono tutte cose che fanno perché sei donna” ha dichiarato ultimamente Emanuela che però, nonostante le numerose difficoltà, è riuscita a rendere il progetto un punto di riferimento nel panorama underground partenopeo, attirando l’attenzione di passanti e turisti. Ed è così che le donne parlano attraverso Cassandra, raccontano verità che possono risultare anche scomode il più delle volte per una società ancora fortemente maschilista come la nostra, e contribuiscono ad una “lotta transfemminista e terrona” che va ben oltre i confini di Napoli. E allora, siamo pronti a riflettere sul ruolo delle donne nella società e a dare vita alla tanto agognata parità di sessi? A Cassandra l’onore di porci questa domanda.