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Un gobbo napoletano: anche Dio si riposò, Pirlo segua l’esempio

Anche i più grandi hanno bisogno di riposo

Andrea Pirlo, nato a Brescia il 19 maggio 1979, ha bisogno di riposare. Non è lesa maestà dire che questo Pirlo ha bisogno di almeno un turno senza il campo, per rimettersi in moto sia fisicamente, sia mentalmente. La classe è sempre cristallina, ma ad una certa età subentrano altri fattori che possono trasformare un giocatore da decisivo a, addirittura, deleterio.

La Juventus ha bisogno dei lanci illuminanti del più forte regista italiano ed europeo, del suo carisma, della sua arte invidiata in tutto il mondo, un’arte fatta di parabole, di archi e di profondità. Ma come esiste il blocco dello scrittore, così come, a volte, può capitare che un pittore non riesca ad imprimere su tela ciò che di più intimo prova, così anche un fuoriclasse può non riuscire a mettere la sua firma su una partita.

Il cervello dice: ”Mettila lì”, le gambe rispondono: ”Vorremmo, ma non possiamo”. Giocare 60 e passa partita in una stagione, giocarne tre in una settimana, è dura per giocatori con meno esperienza sulle spalle, figuriamoci per chi ha trascorso primavere su primavere a dare calci ad un pallone. Se si è stanchi, basta prenderne atto ed essere sinceri con se stessi, con i compagni, con l’allenatore – che, a dire il vero, dovrebbe accorgersene e agire di conseguenza. Non c’è bisogno di vergognarsene o di mettere il muso.

A tal proposito, c’è da dire che il ”caso” Pirlo scoppiato in questi giorni, sul fatto che sia tornato negli spogliatoi dopo la sostituzione contro l’Hellas, è abbastanza imbarazzante per quanto riguarda il modo in cui è stato affrontato. Pirlo era scuro in volto, è vero, non è tornato in panchina, è vero – ed è stato ammonito da allenatore e società – ma il suo malessere interiore non nasceva dalla sostituzione, era evidente. Ma con la Juve bisogna sempre far scoppiare un caso. Il caso Llorente è stato archiviato, come si fa? Beh, facciamo scoppiare il caso Pirlo.

Non ci siamo, non ci siamo. Non si fa così. L’informazione è un’altra cosa. Pirlo era scuro in volto perché quella partita non se l’è gustata, ha avuto un tal Jorginho alle calcagna, un centrocampista brasiliano da tenere d’occhio, che domenica ha tenuto d’occhio lui stesso il più forte regista in circolazione. E lo ha fatto egregiamente. Marcatura ad uomo old style, forse meno vistosa di quella di ”gentiliana” memoria – citofonare Maradona e Zico per delucidazioni – ma pur sempre una marcatura che dà fastidio. Questo non dà il diritto di mancare di rispetto ai propri compagni, perché non rimanere lì a guardare la partita, mentre i tuoi compagni sudano per portarla a casa anche per te, e non rimanere al fianco dei compagni che vorrebbero entrare in campo, che vorrebbero giocare sempre, ma non possono perché sulla loro maglia non c’è scritto Pirlo, è una mancanza di rispetto.

Ma ”son ragazzi”, cerchiamo di capirli. Non possiamo capire, però, le menzogne giornalistiche che si inventano dei casi. Pirlo era arrabbiato con Conte, non voleva essere sostituito, c’è una rottura in corso. Fandonie! Andrea Pirlo ha sicuramente capito la lezione, ma adesso deve fare un ulteriore passo in avanti. Deve capire che alla sua età ci sta di non riuscire a correre per 90 minuti, tre volte alla settimana. Si riposi, si accomodi in panchina e poi torni più forte di prima, ne gioverà la Juventus, il calcio italiano ed egli stesso.

Michele Longobardi
Michele Longobardi
Laureato in Lettere moderne alla Federico II. Appassionato di videogiochi, calcio, cinema e letteratura. Crede che il giornalismo non sia solo ricerca della verità, ma anche sapiente uso di ironia e sarcasmo.
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