Si chiamava Marilia Rodrigues Silva Martins.
Era una ragazza di 29 anni: lavorava per un’azienda di volo a Gambara (Brescia).
I giornali e le tv la chiamano “la brasiliana” e non fanno altro che riferire della sua vita “troppo spensierata e trasgressiva” , quasi si trovasse in Italia per svolgere il mestiere più antico del mondo.
E invece no.
Marilia aveva una storia con uno dei suoi due datori di lavoro, un giovane trentaduenne. Sposato, con due figli.
Quel giovane dal quale aspettava un bambino e dal quale sarebbe stata uccisa: strangolata, secondo l’autopsia.
La Procura non ha dubbi: è stato lui.
Ennesimo caso di femminicidio, dico io.
C’è chi uccide la moglie, per stare con l’amante e chi uccide l’amante, perchè ha paura di rivelare la relazione – corredata di futura nascita – ad una moglie.
Giuro. Non riesco a seguirli, questi uomini.
Come se la soluzione a tutto, fosse assassinare le donne; come se in un attimo, chiudendo la bocca ad una donna, potessero cancellarsi tutte le proprie responsabilità, la propria rabbia, la propria insicurezza.
Via il fastidio, l’ostacolo, la paura di affrontare la realtà (quella che si è scelto).
Ci dev’essere pur stato, un tempo, in cui gli uomini affrontavano le proprie responsabilità con coraggio; un tempo in cui una giovane donna avrebbe potuto vivere con il suo bambino, senza correre il rischio di essere uccisa dall’amante assassino.
Le Donne non sono “cosa”. Ma è chiaro che per “certi uomini” non rappresentano altro, se non un oggetto di cui disporre e per le quali deciderne anche la morte.
La situazione si fa ogni giorno, più grave e preoccupante. Non stiamo, a guardare…
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