
La presunzione di reddito(www.roadtvitalia.it)
L’argomento della tassazione sui bonifici ricevuti è di cruciale importanza per molti contribuenti italiani.
L’Agenzia delle Entrate ha il potere di richiedere il pagamento delle imposte anche su somme che, secondo la normativa vigente, dovrebbero risultare esenti. Questa situazione genera non pochi problemi e preoccupazioni tra i cittadini, i quali, in buona fede, potrebbero ricevere denaro da amici, parenti o partner senza considerare le implicazioni fiscali di tali transazioni.
Secondo la legge italiana, ogni accredito ricevuto su un conto corrente, ad eccezione dei giroconti, viene considerato reddito e quindi soggetto a tassazione, a meno che non si possa fornire prova contraria. Questo significa che, anche nel caso in cui un contribuente riceva un bonifico di 10.000 euro da un amico, l’Agenzia delle Entrate può considerare quell’importo come reddito non dichiarato se non è stato riportato nella dichiarazione dei redditi.
Immaginiamo il caso di un giovane professionista che sta attraversando un periodo di difficoltà economica e riceve un bonifico da un amico. Se, alla scadenza della sua dichiarazione dei redditi, quella somma non viene riportata, il Fisco potrebbe avviare un accertamento fiscale, imponendo il pagamento delle imposte su quella somma, con l’aggiunta di sanzioni. Questo scenario mette in evidenza come anche le transazioni tra persone che si fidano l’una dell’altra possano innescare un meccanismo di controllo fiscale.
La necessità di prove documentali
Per sfuggire a questa presunzione, il contribuente deve fornire prove documentali che attestino la natura del bonifico ricevuto. Se, ad esempio, il bonifico proviene da un familiare diretto, la presunzione di sostegno affettivo giustifica l’assenza di tassazione. Tuttavia, nel caso di somme ricevute da amici o partner non coniugati, la situazione si complica. Senza una documentazione adeguata, il contribuente rischia di trovarsi nella scomoda posizione di dover dimostrare che il denaro non è un reddito ma piuttosto un prestito o una donazione.
Le prove documentali devono avere data certa e non possono essere redatte retroattivamente. Ciò significa che, se il contribuente non ha stipulato un accordo scritto al momento del bonifico, rischia di non avere alcuna giustificazione valida per dimostrare la propria innocenza. La mancanza di un atto formale può portare a conseguenze fiscali onerose e, in alcuni casi, ingiuste.

Se un contribuente si trova a dover affrontare un accertamento fiscale senza la documentazione necessaria, le uniche possibilità di difesa saranno limitate. Potrà, infatti, solo dimostrare che le somme ricevute sono esenti o che l’imposta è stata già assolta alla fonte. Tuttavia, nel caso di un bonifico da un amico, senza prove tangibili, il contribuente è costretto a pagare le imposte, anche se la somma era destinata a un prestito o a una donazione.
Questo aspetto della normativa fiscale italiana solleva interrogativi sulla giustizia e sull’equità del sistema, poiché contribuenti onesti possono trovarsi in difficoltà a causa di una mancanza di documentazione, mentre chi ha intenti truffaldini potrebbe trovare modi per eludere il Fisco senza difficoltà.
Come tutelarsi
Per proteggersi da queste problematiche, è fondamentale che i contribuenti adottino un approccio proattivo nella gestione delle proprie finanze. Un modo efficace per farlo è stipulare sempre un accordo scritto per qualsiasi transazione significativa, registrandolo presso l’Agenzia delle Entrate. Questo passaggio non solo fornisce una prova documentale in caso di accertamento, ma conferisce anche maggiore serietà e trasparenza alle transazioni tra privati.
Inoltre, è consigliabile conservare tutte le comunicazioni e i documenti relativi a bonifici ricevuti, in modo da avere sempre a disposizione le prove necessarie per dimostrare la natura delle somme accreditate. Anche in situazioni informali, come prestiti tra amici o regali, è utile redigere un semplice accordo che specifichi l’importo e la natura della transazione.