Fa discutere il parere del Cts sulla graduale riapertura di discoteche e sale da ballo in zona bianca e con Green pass, garantendo una presenza, compreso il personale dipendente, pari al 35% della capienza massima al chiuso e al 50% all’aperto.
“Dopo aver atteso un anno e mezzo riaprire con una capienza al 35% mi pare una presa in giro. Si poteva fare molto di più” sottolinea all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova.
“Sinceramente, con tutte le misure che si possono prendere oggi con la copertura vaccinale che avanza e la possibilità di avere il Green pass, non vedo la logica della decisione del Cts – osserva Bassetti – Perché per i cinema c’è una capienza all’80% e sono sempre strutture chiuse? Non capisco, forse perché nei locali da ballo non si mette la mascherina? Spero che la decisione del Cts sia un primo passo per arrivare al 100% rapidamente. Questo lo dobbiamo al settore e anche per dare un segnale di normalità al Paese“.
“Sulle discoteche si poteva fare di più” dice anche l’immunologo clinico e allergologo Mauro Minelli, coordinatore per il Sud Italia della Fondazione per la Medicina personalizzata.
“Non credo che in questa fase un ingresso limitato o selezionato possa rivelarsi meno insidioso di una capienza al 100% o all’80% come accade in altre manifestazioni o spettacoli pubblici che pure sono consentiti da mesi” aggiunge all’Adnkronos Salute.
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“Ecco perché riaprire i locali da ballo dopo più di un anno potrebbe diventare una conseguenza del processo di vaccinazione che ormai riguarda la stragrande maggioranza dei giovani italiani – afferma Minelli –. Con tanti soggetti che si sono sottoposti spontaneamente al vaccino anti-Covid si può ben sperare. Anzi, la riapertura delle discoteche potrebbe diventare addirittura un incentivo per indurre tutti i ragazzi a compiere quel passo che ci ha portati fuori dall’emergenza, così come l’abbiamo intesa fino a qualche mese fa“.
Il virologo Fabrizio Pregliasco, docente della Statale di Milano, osserva: “Si vuole arrivare a una normalizzazione. E’ chiaro che non c’è un manuale di gestione, siamo in una fase buona e quindi diamo fiducia ai cittadini sapendo” però “che incombono l’inverno, l’influenza e il resto“.
“So che il 35% non è considerato tanto – dice all’Adnkronos Salute – però credo che in qualche modo sia un primo passo. Andiamo avanti a passetti successivi. E’ una progressione“. Il limite a un terzo, spiega l’esperto, “è un aspetto probabilistico, riduce un po’ il rischio di contagio, probabilmente non tantissimo, ma nel contempo si dà un segnale di disponibilità. Ci vedo questo, una progressione che ha un suo senso: meno persone ci sono, meno affollamento” e meno rischi.
This post was published on Ott 6, 2021 15:41
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