Alessandro Orsini, professore ordinario di sociologia del terrorismo all’Università Luiss di Roma, salito alla ribalta per le sue opinioni sul conflitto tra Russia e Ucraina, ha una teoria tutta sua su Napoli e i napoletani.
Alessandro Orsini, professore ordinario di sociologia del terrorismo all’Università Luiss di Roma, è ormai un volto conosciutissimo della tv e dei social per le sue opinioni sul conflitto tra Russia e Ucraina. Ma il docente, napoletano di nascita, ma cresciuto a Latina, anche negli anni precedenti era salito alla ribalta per alcuni suoi post, pubblicati sulla sua pagina Facebook, proprio su Napoli. Ne citiamo due in particolare.
Ecco il post del 29 novembre 2020
“Oggi vorrei prendere le difese di Vittorio Feltri. Prima di saltarmi addosso, lasciatemi spiegare. Quando ero adolescente e passavo in un quartiere di Napoli pieno di criminalità, toglievo qualunque oggetto potesse richiamare l’attenzione degli scippatori. Siccome mi era capitato più volte di essere derubato, pure in pieno giorno, avevo sviluppato questo buon senso elementare: “Alessandro, se passi tra gli scippatori, cerca di non farti scippare”. Ciò premesso, dire che una ragazza è imprudente se si aggira in un luogo pieno di maschi animaleschi, e invitarla a desistere dall’impresa, è semplice buon senso e non maschilismo. Le vie pedagogiche che i genitori hanno davanti a sé sono infatti soltanto due e impongono di scegliere tra due frasi. La prima frase recita come segue: “Figlia mia, in quel luogo ci sono molti potenziali stupratori, ma tu dovrai fregartene e vivere la tua vita liberamente, altrimenti il maschilismo avrà prevalso su di te”. L’altra frase è: “Figlia mia, evita di aggirarti in luoghi pericolosi e poi ci porremo il problema di combattere il maschilismo con calma e in piena sicurezza”.
Tempo fa, condannando fermamente lo stupro di una ragazza completamente ubriaca al rientro da una discoteca, dissi che le ragazze di tutto il mondo non dovrebbero ubriacarsi il sabato sera fino a perdere coscienza. La giovane vittima dichiarò di avere avuto bisogno di molte ore per mettere a fuoco ciò che le era capitato: era troppo ubriaca.
Dovete sapere che ho dei pregiudizi al contrario. Penso infatti che i napoletani siano persone mediamente più intelligenti degli altri italiani. Penso infatti che Napoli sia una città moralmente inferiore e intellettualmente superiore. Chiedendo perdono per il mio razzismo al contrario, di cui mi vergogno moltissimo, penso che i napoletani siano più intelligenti degli altri italiani per due ragioni principali. La prima è che, come si dice a Napoli, i napoletani stanno inguaiati, nel senso che sono pieni di delinquenza, e questo aguzza il loro ingegno. Napoletani che dormono in piedi esistono, ma le probabilità che presto arrivi un pugno in faccia a svegliarli sono alte. La seconda ragione è che i napoletani, sempre perché stanno inguaiati, tendono a essere molto poco ideologici e anche questo aguzza l’intelligenza giacché le ideologie sono gabbie per l’intelligenza. Siccome contengono molti divieti morali e imperativi etici, chiudono tante prospettive. Ovviamente non posseggo alcuna prova scientifica della presunta superiorità dei napoletani ed è per questo che mi vergogno molto. Non mi vergogno perché penso che i napoletani siano superiori agli altri italiani, ma perché non riesco a dimostrarlo scientificamente.
Non mi verrebbe mai in mente di incolpare la vittima di uno stupro, così come non mi sono mai incolpato quando a Napoli venivo taglieggiato. Però ecco il mio consiglio: se sei una ragazza di diciotto anni, evita di andare alle feste in cui si consumano droghe, e pure a quelle in cui si beve come se non ci fosse un domani. Se decidi di andarci ugualmente e abusano di te, io sarò sempre dalla parte tua e ti difenderò per sempre con tutte le mie forze. Però fai come i napoletani, che sono più intelligenti degli altri italiani (senza prove scientifiche).
Solidarietà con Vittorio Feltri.
Un’ultima cosa: io amo molto più i chiostri che le discoteche e, infatti, vivo parecchio fuori dal mondo. E chissà che non sia proprio questa la ragione per cui non ho mai avuto problemi con la droga quando ero adolescente (e pure da adulto, a scanso di equivoci).
Un’ultimissima cosa: per favore, state calmi. Sto preparando la lezione per domani.”
Ed ecco il post del 4 marzo 2020
“Napoli è una città inferiore?
Non mi offendo per gli insulti e spiego il significato della mia affermazione. Superiore e inferiore sono espressioni bandite dal linguaggio pubblico. Eppure, nessuna azione pedagogica può essere efficace cancellando le gerarchie morali. Se anche bandissimo il superiore e l’inferiore dal nostro linguaggio, nondimeno continuerebbero a sorreggere ogni nostro passo nella realtà della vita quotidiana. La vita sociale non sarebbe infatti possibile se gli uomini non avessero uno schema codificato per distinguere l’inferiore dal superiore su cui fondare le routine con cui producono la società. Per poter attraversare il mondo con un minimo di sicurezza ontologica, occorre avere la testa piena di gerarchie. È perché il camorrista è un essere inferiore che lo evitiamo.
Il ragionamento critico circa il superiore e l’inferiore è roba da adulti, non da adolescenti, i quali possono sviluppare la propria coscienza morale soltanto muovendosi lungo linee pedagogiche verticali, che creano un mondo quotidiano dato per scontato. Quante volte i ragazzi di 14 anni si disperano per avere commesso una malefatta che ha rovinato la loro vita e dicono: “Ero confuso. Non mi sono reso conto che stavo sbagliando”. A Napoli, quando frequentavo le scuole medie, ne ho visti di quattordicenni in simili condizioni pedagogiche. E a vent’anni li ho ritrovati in carcere. Tornati in libertà, ho letto le loro lettere piene di dolore e di pentimento, e raccolto le loro testimonianze: “Alessandro, io non ho avuto nessuno che mi abbia aiutato a capire che cosa fosse bene e che cosa fosse male”. Superiore e inferiore sono categorie spesso utilizzate con intenti ignobili, come dimostra la storia repellente di tutti i razzismi, ma non ci sono dubbi sull’inferiorità morale di Napoli. Napoli è una città inferiore per molte ragioni morali. Mi limito a indicarne quattro per motivi di sintesi.
La prima ragione è che l’omicidio del 15enne non ha provocato un’insurrezione popolare contro la microcriminalità. I napoletani sono assuefatti a questi fatti. È accaduto, accadrà di nuovo e i napoletani non daranno vita a una rivolta per una vita civile migliore. La seconda ragione, che trova conferma in alcuni commenti qui sotto, è che un adolescente impara che non si esce di casa indossando oggetti di valore. Derubato, gli viene detto: “Sciocco, che cosa ti aspettavi?”. Dunque, la routine che riproduce la società napoletana è fondata sull’idea della normalità della criminalità. La conseguenza, che corrisponde alla terza ragione, è che molti furti e micro-aggressioni non vengono nemmeno denunciati ai carabinieri perché: “Sporgere denuncia è tempo perso”. La quarta ragione è che la coscienza morale dei napoletani, come emerge anche dai commenti su questa bacheca, è divisa: alcuni sono contro il carabiniere, che avrebbe addirittura sbagliato a girare a Napoli con un orologio costoso; altri sono contro il 15enne. A Siena, che è una città moralmente superiore a Napoli, quasi nessuno si schiererebbe dalla parte del 15enne perché la coscienza collettiva è molto più coesa intorno alla definizione pubblica di ciò che è superiore e ciò che è inferiore. La conseguenza è che, a Siena, i confini morali tra il bene e il male sono molto più marcati.
P.s. I concetti di “mondo quotidiano dato per scontato”, “schema codificato inconsapevole”, “routine che produce la società”, “coscienza morale” e “coscienza collettiva” sono tratti dalle opere di Alfred Schutz, Harold Garfinkel, Anthony Giddens, Lawrence Kohlberg e Emile Durkheim”