“Natale in Casa Cupiello” è un dramma della solitudine nell’assolo di Fausto Russo Alesi al Nuovo Teatro Nuovo (VIDEO)

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di Giuliana Gugliotti

Ricordate “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo? Bene. Ricordatevene, e poi dimenticatela. Perché il “Natale” messo in scena da Fausto Russo Alesi, al Nuovo Teatro Nuovo fino a domenica 3 novembre, non ha niente a che vedere con quello raccontato da Eduardo.

E’ questo il modo giusto – a mio avviso – di accostarsi alla rilettura del testo di Eduardo inscenata da Alesi: pensare all’opera di Eduardo senza tuttavia aspettarsi una sua riedizione che, seppure ben fatta, sarebbe stata copia sbiadita di un originale “ineguagliabile”. Una nuova forza espressiva emerge invece dalla visionaria idea di Fausto Russo Alesi, unico interprete e regista di questo adattamento di uno dei più famosi e difficili testi del teatro eduardiano, che lo vede affrontare la scena in completa solitudine, a prestare voce, corpo e anima alternativamente a ciascuno dei personaggi che popolano il dramma di Eduardo.

Nonostante il (e proprio grazie al) pieno rispetto del testo, ripreso in maniera integrale, la rappresentazione di Alesi porta sulla scena significati reconditi, per alcuni forse celati insospettabilmente tra le righe del testo eduardiano, “allo stesso tempo semplice e complesso, come Alesi stesso lo definisce, perché leggibile su più livelli, quello più evidente, primario, della commedia familiare, e quello sotterraneo, nascosto, profondamente metaforico, che racconta un’altra storia: non la tragicomica saga di una famiglia allo sfascio, ma quella dell’incomunicabilità di fondo tra i suoi membri, di una solitudine che porta con sé il rimbombo di un dolore amaro, latente.

I personaggi di Natale in casa Cupiello – spiega Alesi – non dialogano, monologano: pur parlando tra loro non si comprendono, ognuno va per la sua strada, pensa una cosa e ne dice un’altra, e proprio questa caratteristica del testo mi ha dato la forza per poter pensare ad un riadattamento che mi vedesse come unico interprete di tutte queste voci” che, seppure corali, non si incontrano mai in una vera e propria comunicazione. “Spesso rifiutiamo il dialogo per evitare di vedere e accettare la realtà così com’è: questo è un problema che credo riguardi tutti noi”. Il dramma quanto mai attuale della solitudine dell’uomo moderno si innesta così sulla tradizione del teatro eduardiano esplodendo in tutta la sua potenza evocatrice.

Un progetto ambizioso e impegnativo che solo una personalità attorale carismatica e forte come quella di Fausto Russo Alesi poteva riuscire a portare a termine, calcando da solo la scena per quasi due ore, senza annoiare e riuscendo ad emozionare il pubblico con un’interpretazione che dimostra doti da grande istrione, duttile nell’adattarsi ai cambi repentini di tono e stile dei personaggi e allo stesso tempo mai superficiale, ma anzi accorata e profonda.

Un sogno, quello di mettere in scena Eduardo De Filippo, a cui l’attore aspirava da lungo tempo, e che rappresenta tuttora una sfida costante, con se stesso ma anche con lo spettatore: “Non è timore del pubblico – spiega – ma una sorta di rispetto che nutro per la tradizione eduardiana, che sento tanto più forte qui, a Napoli, nella sua terra”. Anche perché il pubblico non ha un ruolo passivo, di semplice osservatore: “Molto è lasciato all’interpretazione di chi guarda, alcuni passaggi in questa mia versione non sono, per forza di cose, esplicitati, e tocca al pubblico immaginarli, in modo che ognuno possa vederci un po’ quello che lo rispecchia. E’ un viaggio interpretativo che lo spettatore deve fare con me” spiega Alesi.

Un viaggio di significazione reso possibile da diversi fattori: innanzitutto la “musicalità” intrinseca nel testo stesso di Eduardo, che secondo Alesi ben si presta all’assolo: “Rileggendo Natale in casa Cupiello mi rendevo conto che le battute avevano una musica così ben concertata, in cui nulla è lasciato al caso, che non sarebbe stata assurda l’idea di interpretarlo da solo”. Ma anche la scelta di una scenografia e una musica che diventano parte organica della rappresentazione, accompagnando attore e spettatore in questo viaggio alla scoperta del perturbante, metaforico spettro della solitudine che si aggira sulla scena, dietro le quinte della commedia eduardiana. Una variazione sul tema, se così si può definire, che Fausto Russo Alesi inscena in maniera magistrale.

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30 ottobre 2013