L’uomo e l’ambiente

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di Fabio Iuorio.

Nell’anno della pandemia da covid19, il 5 giugno 2020, la giornata mondiale dell’ambiente, abbiamo appreso una notizia straziante: in un villaggio in India un’elefantessa incinta muore a causa di un ananas piena di petardi, un gesto ignobile che non ha bisogno di commenti, se non di profondo sdegno. Il pachiderma in questione, dopo essere stato ferito mortalmente, è rimasto fermo sul fiume Velliyar con le zampe in acqua, forse per trovare un minimo di sollievo dal forte dolore, fino al suo ultimo respiro. Tuttavia ci sono alcune cose che vanno chiarite in merito a questa storia: l’animale è morto dopo essersi imbattuto in una trappola per cinghiali che i contadini del posto mettono per evitare assalti alle coltivazioni, atto comunque scellerato e che non esclude colpe nei confronti di queste persone.

Ma al di là dei fatti, toccherà agli organi competenti fare chiarezza, mi soffermo sulla brutalità dell’uomo nei confronti della natura, il vero virus che sta man mano distruggendo il nostro pianeta. Al giorno d’oggi sembra che l’umanità non ha interesse a mantenere un equilibrio tra sé e la natura, considera l’ambiente solo una fonte per migliorare le proprie condizioni. L’uomo è convinto di poter dominare la natura, ne sottovaluta la sua dipendenza. In questo periodo di quarantena la natura ci ha mostrato come, lasciandole i suoi spazi, fiumi e mari inquinati sono tornati limpidi e prati ormai devastati sono tornati verdi; questo perchè per un tempo limitato l’uomo si è fermato, non ha distrutto con scarichi industriali terra e aria. Nell’hinterland napoletano conviviamo da anni con un fenomeno distruttivo che spesso viene quasi messo nel dimenticatoio: la terra dei fuochi, zona a cavallo tra la provincia di Napoli e quella di Caserta, una volta terra ricca di fiori e scene bucoliche. Le organizzazioni criminali hanno intuito la grande opportunità di lucrare sullo smaltimento illecito di rifiuti e, con la complicità di istituzioni locali e nazionali, hanno trasformato questo Eden in un vero inferno.

Il fenomeno è sorto già negli anni ‘80 ed è diventato più conosciuto grazie alle prime dichiarazioni del boss Nunzio Perrella ai magistrati antimafia di Napoli: celebre è stata la sua dichiarazione ‘a munnezza è oro. Sono oltre 60 i comuni interessati che si sono visti privati della fertilità delle loro terre, dopo che diverse famiglie camorriste hanno interrato tonnellate di rifiuti tossici, una vera e propria strage: tantissime famiglie sono ormai condannate a vivere in una terra devastata da rifiuti tossici che ormai sono ovunque, e quindi anche negli alimenti. In queste zone l’aria ormai è calda, maleodorante, un luogo spettrale, e ogni giorno di più, ecco il motivo per cui l’appellativo terra dei fuochi non rende proprio l’idea della gravità della situazione. Lo Stato per anni ha taciuto o ha volutamente taciuto, la connivenza tra Stato e mafie è ormai risaputa, basta pensare come ad esempio, durante le varie emergenze rifiuti nelle varie zone d’Italia e in particolar modo in quelle partenopee, varie discariche abusive vengono utilizzate per versare tonnellate di rifiuti oppure è dimostrata anche da alcune inchieste dei magistrati antimafia di Napoli da cui è emerso che molti protagonisti delle ecomafie si sono candidati poi per appalti di bonifiche del territorio.

L’obiettivo a cui aspirare credo sia sensibilizzare le nuove generazioni sull’importanza di un sempre crescente sviluppo ma affiancarlo ad un’educazione attenta sull’uso consapevole rispettando la natura. Il rispetto per la legge del cuore dovrebbe essere parte integrante di tutti noi, la natura è il nostro futuro e quello delle prossime generazioni, se rispettiamo l’ambiente rispettiamo noi stessi.