sabato, Luglio 27, 2024
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“L’industria culturale tedesca e la storia psicologica del cinema” di Luca Ruggieri: presentazione il 16 gennaio

‘La prima industria culturale tedesca e la storia psicologica del cinema secondo Siegfried Kracauer’ è il titolo del libro di Luca Ruggieri (Giannini Editore) che viene presentato martedì 16 gennaio alle ore 18 presso The Spark Creative Hub – via degli Acquari (piazza Bovio), Napoli. Con l’autore intervengono la regista Barbara Napolitano ed il prof. Angelo Zotti, docente di Sociologia Giuridica all’Università della Campania ‘Luigi Vanvitelli’.

DAL TESTO DI LUCA RUGGIERI

All’interno di questa dissertazione illustrerò nel dettaglio tre tesi, Scuola di Francoforte, Kracauer e Taylor, orientandomi con la ricostruzione storica del cinema e della Germania pre e post guglielmina e del panorama storico ricostruito dallo studioso italiano Ugo Casiraghi, nel tentativo di delineare un panorama quanto più comprensivo possibile del cinema di propaganda tedesco di inizio novecento.

Durante la prima guerra mondiale si vedrà la prima vera corsa agli armamenti nella storia dell’uomo, un ricorso estremo ai mezzi tecnici e alla industrializzazione di massa. Gas letali, bombe e cannoni, assieme all’invenzione di mezzi terrificanti come le prime mitragliatrici, carrarmati e aerei da combattimento monopolizzano l’attenzione generale della popolazione. Ed è proprio in questo momento storico di follia autodistruttiva che inizia a delinearsi un nuovo modo di combattere le guerre, il nuovo fronte è doppio, propagandistico e militare.

I paesi della triplice intesa saranno coloro che più di tutti comprenderanno la potenza di questo nuovo, emergente e prorompente mezzo tecnico, il cinema, costringendo il Reich guglielmino a creare la loro industria di propaganda per contrastare il sentimento antitedesco in costante crescita nel vecchio continente.

Un mezzo subdolo che permette ai concetti della classe dominante di infiltrarsi nella nostra mente, nel nostro subconscio e condizionare le nostre scelte, i nostri gusti le nostre opinioni.

Adorno ed Horkheimer saranno i primi a comprendere la potenza di questo nuovo insidioso mezzo, ma sarà un loro collega, Siegfried Kracauer, che riconoscerà appieno la potenza devastante e morfogenica del cinema come strumento principe della propaganda ed analizzerà nel dettaglio il sistema e le modalità con cui si è evoluto nella società tedesca.

(…)

In questa breve tesi è stata illustrata la storia del cinema tedesco e della sua lenta ma costante trasformazione in una delle più grandi, se non la più grande, macchina di propaganda della prima metà del secolo scorso. Potendomi ora avvalere degli elementi che secondo Nietzsche rendevano il filosofo tale, quali astrazione ed immaginazione, è possibile esporre la mia interpretazione sui meccanismi della propaganda. Partendo dall’analisi di Rudolf Pabst del 1920 in cui si evince che il problema fondamentale nel cinema di propaganda tedesco risieda nella rigidità del paradigma propagandistico. Difatti il messaggio non dev’essere imposto, non dev’essere palese poiché sortirà gli effetti opposti, creerà un sentimento di riluttanza nello spettatore poiché egli sarà conscio del tentativo di indottrinamento al quale viene sottoposto, almeno sul piano razionale, rendendolo impermeabile al messaggio che si vuole trasmettere. Bisogna immedesimarsi nello spettatore, comprendere perché qualcuno spenda 800 marchi o 7 euro per andare al cinema. La risposta risulta estremamente scontata, ossia l ‘intrattenimento, il desiderio di divertirsi, lasciare i problemi del mondo fuori dalla sala per quei novanta minuti.

Partendo da questo assunto, si comprende come il paradigma del cinema propagandistico che tutt’oggi vive e prolifera si sia modellato. Questa tesi diverrà il concetto cardine dell’industria culturale, ossia veicolare la propaganda attraverso l’intrattenimento, subdolamente. Nel corso degli anni questa tecnica si è affinata sempre più fino a diventare l ‘unico modo di fare cinema nella società di massa, estromettendo quei registi che invece fanno cinema in senso lato per un puro senso artistico. Difatti, come ci spiegano Adorno e Horkheimer, la cultura è diventata merce di scambio, deve vendere altrimenti nella società capitalistica borghese non ha senso d’esistere. Nella società dei consumi è possibile ritrovare un cinema che non presenti un messaggio borghese al suo interno?

Per sciogliere questo insidioso quesito è necessario prendere in esame un regista contemporaneo come Paul Thomas Anderson ed uno studios come Disney Marvel. Una pellicola prodotta da un regista come Anderson che si muove autonomamente nell’apparato, sebbene punti sempre ad una capitalizzazione, essa non è il suo scopo principale, bensì l ‘obbiettivo sarà quello di raccontare una storia dal punto di vista del regista, il quale non essendo particolarmente interessato dalle meccaniche di mercato creerà un prodotto che non conterrà in sé un messaggio propagandistico ma ciononostante sarà sempre figlio della società di massa, quindi alcuni elementi dell’industria culturale saranno sempre presenti al suo interno, veicolando quindi i valori della società stessa, benché in maniera nettamente minore rispetto ad un prodotto creato ad hoc per vendere come un blockbuster della Marvel.

Difatti questi prodotti, sono creati con l’unico scopo di creare domanda, vendere e far vendere, dimostrare ed imporre subdolamente lo stile di vita della società occidentale in un mercato globalizzato, costruendo una realtà che non esiste attraverso prodotti sempre più invasivi come le piattaforme di streaming, le quali non sono altro che strumenti on demand di propaganda a domicilio. Ad esempio il cinema ci ha insegnato ad idealizzare gli Stati Uniti e città come Los Angeles che nella realtà non sono altro che una distesa di senza tetto intervallate dalle ville dei divi di Hollywood. Un paesaggio che richiama alla nostra mente più una Bidonville sudafricana che il cuore pulsante dell’industria culturale occidentale che abbiamo imparato ad amare.

Da questa analisi preliminare è evidente che la società nella quale viviamo, ossia la società dei consumi, si basi unicamente su un processo continuo di infotainment. Sfruttando in ultima istanza una riflessione del critico cinematografico Ghezzi: La società dello spettacolo è solo una piccola crosticina della vera natura della società in cui viviamo, che è la società della registrazione. Dalla fine dell’Ottocento a oggi, l’uomo non ha fatto altro che registrare: ha registrato i propri sogni attraverso la psicoanalisi, grazie ai raggi x ha registrato la struttura del suo corpo e di ciò che c’era dentro, ha registrato i suoni, ha registrato le immagini, in un immenso movimento teso a fermare ogni cosa.

Possiamo affermare che la ragione dietro l’industria culturale sia sfuggita di mano agli stessi potenti, essa non segue un programma centralizzato, non c’è più il nemico comune contro il quale puntare il dito e unire il popolo, esiste solo la ragione neocapitalista, tutto dev’essere immediato, più piccolo, veloce e competitivo. Esiste solo il profitto istantaneo, il capitale vuole solo sé stesso e nella sua foga e follia sta giungendo al collasso come una stella di neutrini, nemmeno nelle più ardite teorie di Nick Srnicek e Alex Williams si poteva immaginare una fine tanto cruenta del sistema capitalistico.

La realtà, come il nostro mondo è stato drenato di tutte le sue risorse, ormai si investe e si spera in realtà alternative come il metaverso, la ragione a sua volta è stata consumata e scarificata sull’altare del capitale e delle logiche di mercato.

Redazione Desk
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Questo articolo è stato scritto dalla redazione di Road Tv Italia. La web tv libera, indipendente, fatta dalla gente e con la gente.
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