Mercoledì scorso lo scrittore Erri De Luca ha incontrato gli studenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli nell’Aula Coviello, sita in via Porta di Massa. Accanto allo scrittore gli organizzatori dell’iniziativa, i professori Salvatore Prisco di Diritto pubblico comparato e Diritto e letteratura e Sergio Moccia di Diritto penale.
Il titolo del dibattito è stato “La parola contraria: tra istigazione a delinquere e libertà di espressione”, un occasione per raccontare la libertà di espressione, dopo la vicenda che lo ha visto accusato di istigazione a delinquere per il suo impegno contro la Tav in val di Susa, a lungo discussa durante l’incontro.
L’incontro è stato un vero successo, un incontro tutt’altro che accademico perché, dice dice Erri De Luca “io non ho fatto l’università e quel che so l’ho imparato strada facendo. Non ho, dunque, alcuna autorità per parlarvi da questa cattedra. Io scrivo storie. E sono qui per poterle raccontare con la viva voce“.
Erri De Luca, la libertà e la responsabilità
Il profondo discorso di Erri De Luca non risparmia Napoli: “Stamattina sono stato al Museo archeologico. Un museo gigantesco. Bellissimo. Con un patrimonio che è come nascosto, per fortuna, ma a disposizione di tutti. È quello il nostro petrolio, la bellezza“.
Napoli è, nelle sue parole, una città “che non smette di emozionare neppure chi la conosce bene“. Una città che ha bisogno di coraggio, quel coraggio “delle parole contrarie“, quel coraggio che serve a tutti i territori martoriati anche da un “governo che tratta i cittadini come sudditi, un governo che si comporta da tiranno in nome di un cieco calcolo economico “. L’esempio è quello della Puglia e dello scempio che sta avvenendo in quella terra con gli ulivi.
Agli scrittori Erri De luca lascia “il compito di lanciare più lontano, come un’antenna, le voci della gente che ha attorno “.
A tutti lo scrittore rivolge il suo appello alla libertà: “la libertà è tenere insieme quello che dico con quello che faccio, e allora da questo punto di vista nessuna condanna avrebbe potuto interrompere questo circuito virtuoso per me, che è quello della libertà di parola e libertà di azione, di comportamento, anche se fossi stato condannato su tale libertà nessuno avrebbe potuto metterci le mani sopra” e conclude con il tema della responsabilità: “La voce ha una responsabilità, ma la voce di tutti ha delle responsabilità. Ma quello che conta di più quando si interviene in una vicenda pubblica è che essa sia vibrante, che sia piena di contrasti, che sia viva, che sia motivo di urto perché intervenire su una cosa completamente inerte o tranquilla, insignificante, non si tratta nemmeno di parola, né favorevole né contraria, ma di parola superflua, commento, chiacchiericcio. Conta se si interviene in una faccenda dove tu cittadino ti pronunci su qualche cosa“.