L’ Unione Europea ha battuto un colpo

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Alla fine, Conte è tornato a casa con un risultato indiscutibilmente importante. Non è un cedimento alla retorica, se lo si definisce storico, perché, indipendentemente dall’ enorme mole di finanziamento economico che l’ Italia riceve, l’ aspetto dirimente rispetto a un recente passato sta nel fatto che l’ Unione Europea ha finalmente deciso di inaugurare un impegno corale nella propria attività transnazionale.

In buona sostanza, quello che è avvenuto non è solo una forma di solidarietà tra i Paesi aderenti all’ U.E., un elemento che pure è presente, ma è una svolta consistente nel fare decollare concretamente una struttura geopolitica a carattere continentale che, in quanto tale, esercita la sua funzione politica istituzionale. Come europei, stiamo uscendo da una mentalità fatta di pareggi di bilancio e, conseguenzialmente, di sole politiche di austerità. Basti pensare a quello che è stato imposto alla Grecia in occasione della grave crisi finanziaria nata nel 2007. Una vera e propria devastazione dello stato sociale e nella nostra stessa Italia abbiamo adottato una serie di tagli nelle politiche sociali.

La pandemia Covid che ha colpito, per quanto in misura diversa, tutti i Paesi europei ha imposto, volenti o meno, una politica europa diametralmente opposta a quanto detto poc’anzi. Fino a pochi mesi fa, era considerata una bestemmia parlare di mutualizzazione dei debiti e di finanziamenti a fondo perduto.
In queste ultime settimane, sono stati fatti molti riferimenti al piano Marshall del secondo dopoguerra, con il quale gli Stati Uniti vennero in soccorso economico dell’ Europa devastata dalla guerra e, in particolare, dell’Italia.
Gli aiuti europei dei quali stiamo trattando sono di gran lunga superiori agli aiuti americani menzionati.
Questo per sottolineare la dimensione del risultato ottenuto a Bruxelles e la discontinuità da esso rappresentato.
Adesso, la responsabilità italiana e di tutti i Paesi che riceveranno gli aiuti è molto alta.
Se c’è stata una oggettiva debolezza italiana nei negoziati europei è quella di essersi presentati agli stessi senza un piano economico dettagliato per il quale si chiedeva una svolta. Il nostro Premier ha indicato solo a grandi linee le intenzioni del Governo italiano, nonostante che avesse convocato i famosi Stati Generali. Una iniziativa, tra l’ altro, che ha suscitato una serie di perplessità nello stesso Governo, a partire da una indubbia forma di personalismo da parte di Conte. Queste iniziative andrebbero promosse mediante un confronto con le parti sociali e, successivamente, illustrando al Parlamento i risultati di tali confronti. In tal senso, abbiamo degli illustri precedenti storici. Penso al Governo Ciampi che riuscì a raggiungere un importante accordo con le parti sociali, innovativo rispetto allo stesso Governo Amato. La cosiddetta “concertazione”.
I Paesi frugali, in testa l’ Olanda, hanno immediatamente messo il dito nella piaga, resistendo alle richieste italiane, facendo notare la mancanza del menzionato piano di interventi italiano. Quindi, hanno imposto alcuni paletti nelle modalità di spesa. Paletti che, comunque, non fanno venir meno il tipo di svolta che ho provato a descrivere.
La particolare responsabilità di cui accennavo precedentemente sta nel fatto che il nostro Governo deve accentuare il suo profilo riformista, e in tempi celeri.
La maggioranza politica, forte anche del successo che ha ottenuto in sede europea, deve mettere in cantiere, senza indugi, un piano articolato di sostenibile sviluppo economico. Deve diventare una occasione per diminuire significativamente i divari sociali e territoriali, puntando soprattutto sui giovani e sulle donne che sono le categorie che stanno pagando i prezzi più pesanti a seguito della crisi post Covid.
Inoltre, va definitivamente avviata una operazione di profonda sburocratizzazione con annessa riforma della Pubblica Amministrazione. A questo fine, dare immediatamente avvio a un piano di assunzioni in tutti i settori della citata P.A. – necessaria anche per “svecchiare” gli attuali dipendenti – che, oltre a essere di età avanzata, sono anche pochi a seguito della recente legge denominata “quota cento”.
Non possiamo più permetterci situazioni politiche nelle quali, dopo estenuanti trattative all’interno della maggioranza politica, vengono partoriti progetti governativi  con la dicitura ” salvo intese” a testimoniare che l’ accordo di fatto non è stato raggiunto.
Quello che è avvenuto in sede europea può e deve avere un forte impatto con la politica di casa nostra, infatti è un serio colpo alle forze sovraniste che speravano in un fallimento di Conte a Bruxelles. A dimostrazione di ciò è la parziale, ma significativa, smarcatura di componenti importanti della Destra italiana dalle posizioni di stretta osservanza salviniana.
Nella stessa maggioranza politica, le posizioni euroscettiche che pure sono presenti, basti pensare alla posizione ideologica sul MES, ricevono un colpo e, quindi, quella che è una alleanza tra forze diverse che nel passato recente si sono combattute deve trasformarsi in una compagine politica meno eterogenea, superando una serie di incertezze e contraddizioni.
Per dirla con altre parole, in questo momento definirsi “né di destra, né di sinistra” perde ancora più significato. I pentastellati, come non mai, dovrebbero ripensarsi recuperando un filone che pure è stato fin dalle origini un proprio asse portante: l’ ambientalismo.
Il Partito Democratico, invece, deve rilanciare convintamente le idee che hanno fatto nascere la Segreteria di Zingaretti, valorizzando, detto in estrema sintesi, un radicale riformismo e mettendo fine alla stagione del riformismo dall’alto. Un Partito Democratico non populista, ma popolare, costruendo le condizioni per costruire una casa comune di tutti i riformisti, soprattutto di quelli che sono usciti dal PD per formare altri partiti.
Per concludere, volevo esprimere una mia personale riserva su un aspetto dei recenti accordi europei. Mi riferisco alla rinuncia nel documento finale di assoggettare gli aiuti economici alla rinuncia di costruire uno Stato non di diritto. Su questo l’ hanno spuntata l’ Ungheria e la Polonia. È un aspetto davvero negativo e in contraddizione con il vero spirito europeo. Credo, però, che l’ Unione Europa ha anche altri strumenti per evitare che nel suo seno siano presenti Stati autoritari.
di Vincenzo Vacca