sabato, Luglio 27, 2024
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Iraq: violenze e scontri. Assalto al Parlamento

Non c’è pace per il paese mediorientale martoriato da anni di guerre e instabilità.

Ad accendere l’ulteriore miccia, i contrasti religiosi in seno alle rappresentanze politiche che dal 2003, dalla caduta del regime di Saddam Hussein si contendono la direzione politica del paese basato sull’accordo della “muhasasa”, introdotto nel Paese dopo l’invasione degli Stati Uniti del 2003, che si fonda sulla condivisione del potere etno-settaria tra gruppi sciiti, sunniti e curdi. Proprio questa situazione di condivisione, nata dopo anni di dominazione unica sunnita del partito Baath, ha spinto i sostenitori di Muqtada al Sadr ad assaltare il Parlamento di Baghdad dove in questi giorni è prevista l’elezione del suo nuovo presidente; parte degli sciiti intende manifestare il dissenso alla candidatura a primo ministro di Mohammed Shia al Sudani, esponente del partito capeggiato dall’ex premier Nouri al Maliki e sostenuto dall’Alleanza del Quadro di Coordinamento (Cfa), una coalizione di partiti filo-iraniani. I sostenitori del leader sciita iracheno Moqtada Sadr hanno divelto alcune delle barriere di cemento armato e sono riusciti a penetrare nella Zona verde di Baghdad occupando la sede del Parlamento dopo il blitz dello scorso mercoledì. Lo riferiscono i media locali che pubblicano le immagini dei protestanti che con l’ausilio di corde abbattono alcuni blocchi della zona fortificata, che ospita sedi governative e delle diplomazie straniere. Le forze di polizia hanno sparato lacrimogeni e usato i cannoni ad acqua per respingere la folla: i feriti sarebbero almeno 60 secondo quanto riferito dal ministero della Salute che cita i media locali.

La rappresentanza dell’Onu in Iraq si è detta “preoccupata per ogni tipo di violenza nelle manifestazioni” nel Paese, ma ha ribadito la necessità di proteggere il diritto dei cittadini a manifestare in maniera pacifica; lo stesso Muqtada al Sadr, successivamente, ha chiesto ai suoi sostenitori, con un tweet, di lasciare l’edificio e tornare alle loro case, dopo questa dimostrazione di forza.

Ma al Sadr non è nuovo a manifestazioni di dissenso politico, per altro dotato di grande seguito; lo scorso giugno ha ordinato al suo gruppo parlamentare di dimettersi in massa in segno di protesta contro un parlamento che non era riuscito a trovare un accordo su un esecutivo dopo più di otto mesi di tentativi. Il 23 giugno il parlamento ha però sostituito i posti vacanti con quelli dell’alleanza filo-iraniana, portando quest’ultima ad una maggioranza di 122 seggi e aprendo alla possibilità di formare un nuovo governo, dal quale rimaneva, di conseguenza, esclusa la prima forza politica del Paese.

L’instabilità politica ed il bisogno di trovare una forza di maggioranza governativa stabile, è un interesse anche del vicino Iran ma la situazione attuale, all’interno stesso del movimento sciita appare divisa come dimostrano questi scontri. “Un gioco molto pericoloso”, ha spiegato Yerevan Saeed dell’Arab Gulf States Institute di Washington ad Al Jazeera, concludendo: “Potrebbe far precipitare il paese in un conflitto civile tra gli sciiti”.

di: Luigi Casaretta

Redazione Desk
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