Il presidente azzurro si confessa a RSI: dall’approdo nel calcio al rapporto con i sostenitori, passando per gli episodi più curiosi con i tifosi.
Un De Laurentiis a cuore aperto quello intervistato da RSI. Il presidente del Napoli ha raccontato con ironia e franchezza il suo percorso da imprenditore cinematografico a patron azzurro, soffermandosi sul rapporto con i tifosi.
“Quando sono arrivato nel calcio non sapevo nulla: quando mi parlavano del 4-4-2 pensavo fosse un modo di sedersi a tavola e tutti ridevano. Venivo dal basket e dal cinema, due mondi diversi. Il cinema mi ha insegnato disciplina e professionalità, ma nel calcio non c’è una sceneggiatura, non sai mai cosa succederà”.
Ha ricordato anche l’acquisto del club: “Nel 1999 presentai un assegno da 120 miliardi e lo spezzai davanti ai giornalisti. Poi lasciai perdere. Qualche anno dopo mi dissero che il Napoli era fallito: ero incredulo. Tutti mi sconsigliavano, anche la mia famiglia. Ma io andai avanti e comprai un pezzo di carta, il Napoli non esisteva più. Ora siamo tra i club più competitivi”.
Sul pubblico: “Oggi ci sono 85 milioni di tifosi del Napoli nel mondo, 15 milioni solo negli Stati Uniti. Mi sento amato dalla maggioranza. Le critiche arrivano solo da una piccola parte, soprattutto da un 10-15% di ultras che spesso vivono fuori dalle regole. Chi frequenta lo stadio pretende sempre di più, ma a volte lo fa senza conoscere le vere dinamiche del calcio. Spesso mi fermano tifosi di tutte le squadre per un autografo o una foto, e questo mi fa capire di rappresentare qualcosa di speciale”.
Poi l’aneddoto: “Una volta a Torino, un tifoso juventino mi fermò per una foto e mi disse: ‘Noi un presidente come lei non ce l’abbiamo’. Vuol dire che il mio modo di essere è riconosciuto anche fuori Napoli”.













