di Eliana Iuorio
Claudio Fava: giornalista, scrittore, sceneggiatore (insieme a Marco Tullio Giordana e Monica Zapelli, ha curato la sceneggiatura del film “I cento passi”), coordinatore nazionale SEL, racconta suo padre, Giuseppe “Pippo” Fava: giornalista, scrittore e drammaturgo assassinato dalla mafia la sera del 5 gennaio 1984.
Una vittima innocente. Una Voce pericolosa e scomoda, in un tempo in cui si preferiva considerare la città di Catania quale “terra babba”, lontana dal sodalizio politico-affaristico-criminale, che Fava – al contrario – soleva denunciare nei suoi scritti.
“Io ho un concetto etico di giornalismo. Un giornalismo fatto di verità, impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, sollecita la costante attuazione della giustizia, impone ai politici il buon governo. Se un giornale non è capace di questo si fa carico di vite umane. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori che avrebbe potuto evitare, le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze, che non è stato capace di combattere”.
Un editoriale, questo pubblicato su il Giornale del Sud nel 1981, che rappresenta il “fil rouge” del lavoro del Giornalista catanese, impegnato nella ricerca di una Verità che non poteva essere accettata da alcuno, tra i “cavalieri dell’apocalisse mafiosa”.
Mafia, politica, imprenditoria. Un essere mostruoso, che vive grazie all’accordo scellerato, tra chi si professa “lindo e pulito” e le zone più nere della Sicilia e del Paese.
Claudio Fava, in questa lunga intervista, ci racconta dell’importanza dell’impegno civile; del ruolo dell’informazione; del fango che spesso segue, quando cade ucciso un innocente, per mano delle mafie.
Dell’importanza delle Donne in politica, con un augurio speciale a Stefania Fanelli, di SEL Marano.