A Boscotrecase è morta Maria D’ambrosio, una casalinga di 38 anni, durante le procedure per il parto con taglio cesareo, e Francesca, la sua bambina. “Giunti al quarto piano” dell’ospedale , “ci passano davanti alcuni infermieri con mia sorella su una barella, la faccia viola, un rivolo di sangue dalla bocca. Chiedo all’infermiera cosa avesse mia sorella. Lei per tutta risposta, copre il volto di Maria con un lenzuolo. Fino a mezzanotte nessuno ci dà spiegazioni. Non sappiamo nemmeno se Francesca è nata o no, perché nessuno ci ha detto niente“.
Queste le parole sconvolgenti di Cira, sorella di Maria, spezzata dal dolore ci confessa il più cupo stato di spaesamento di fronte a un caso sospetto di malasanità. Ci racconta la giovane sorella l’antefatto. Maria viveva con desiderio questa sua quarta maternità, in prospettiva di rendere padre il secondo marito, un commerciante del settore ittico. Sentiti e amorevoli sono stati i preparativi intorno la nuova nascita, un fiocco rosa era già preparato affinché fosse annunciata la lieta notizia ai cari e ai conoscenti. Purtroppo tutto ciò non è avvenuto e, come una situazione insolita protrattasi per tutto il periodo di gestazione, il dolce evento ha avuto il suo tragico epilogo. La bambina dopo 41 settimane non si apprestava a venire al mondo, ma qualche giorno fa, finalmente, la svolta con le prime contrazioni.
Al momento dell’insorgere delle contrazioni la casalinga di Boscotrecase è stata portata in ospedale, accompagnata dai suoi familiari, tra cui Salvatore, il secondo marito di Maria, la sorella Cira e le due figlie maggiorenni di Maria, Anna e Rosa. La prima di queste ultime racconta che all’inizio del nervoso e strano movimento dei medici e degli infermieri si pensava alla scoperta di un parto gemellare e della morte di uno dei due bambini; “credevamo che mia mamma aspettasse due gemelli e che uno fosse morto. Poi scoprimmo che non era vero“.
“Doveva essere un giorno di festa, invece è diventato il più brutto della nostra vita“, commenta Cira. In base al ginecologo di Torre Annunziata che la seguì fin da ottobre, la gravidanza procedeva normalmente e nessuna complicazione fu prevista. Considerazioni smentite dagli eventi. “Quando chiedevamo ai medici e agli infermieri che entravano e uscivano dalla sala operatoria cosa stesse accadendo, nessuno ci rispondeva o ci dicevano di non sapere perché lì dentro tutti erano severi” narra Anna.
Troppo spesso si dimentica che il momento del parto, come tutte le operazioni chirurgiche importanti sono operazioni delicate e non è mai garantito con certezza l’esito positivo.
Le scienze mediche non sono esatte e, anche, tra queste ultime l’inesattezza è la forza propulsiva che le fa essere; l’errore o una complicazione, come addirittura la morte, devono sempre essere prese in considerazione come una possibilità possibile, il parto non è un processo di produzione di serie, ma come riporta Cira: “non è la prima volta che accadono cose del genere in quell’ospedale. Speriamo che la giustizia faccia qualcosa, perché oggi è capitato a noi, ma domani potrebbe accadere ad altri. Solo le forze dell’ordine ci sono state vicine. Mentre aspettavamo e speravamo che a pochi metri da noi non stesse accadendo qualcosa di grave, nessuna delle persone che entrava e usciva dalla sala operatoria ci ha spiegato come stavano le cose. Solo quando sono arrivati i Carabinieri abbiamo capito cosa stesse accadendo“.
I responsabili “devono pagare davanti la giustizia anche se purtroppo nessuno mi darà mai più indietro la mia mamma” confessa Anna.