martedì, Maggio 7, 2024
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Amniocentesi e test di screening prenatale: cosa sono e in cosa differiscono

Tutte le donne in attesa nel corso dei nove mesi di gestazione si pongono questa domanda: “Il mio bambino nascerà sano?”. La sicurezza al 100% non si può avere, ma certo la diagnosi prenatale aiuta a individuare i cosiddetti difetti genetici. Una parte importante di questi difetti è rappresentata dalle anomalie cromosomiche, come, per esempio, la sindrome di Down. Rientrano nei difetti congeniti anche le malattie ereditarie.

Amniocentesi e test di screening prenatale

L’amniocentesi e il test di screening prenatale sono entrambi esami di diagnosi prenatale che permettono di individuare i cosiddetti difetti genetici. La diagnosi prenatale divide i metodi in test diagnostici, come l’amniocentesi, dai test di screening e sono meno invasivi rispetto ai precedenti.

Questi ultimi sono consigliati alle donne meno a rischio, cioè con meno di 35 anni; mentre l’amniocentesi per le donne che si avvicinano alla quarantina. La questione però è delicata e la scelta tra i due tipi di esami spesso si rivela davvero complicata. Questo perché si tratta di scegliere tra un esame innocuo, il test di screening, che però dà soltanto una stima del rischio, ed esami invasivi, quali l’amniocentesi o la villocentesi, con un rischio di aborto stimato tra lo 0,5 e l’1% ma che forniscono una diagnosi certa se il feto è affetto o no da sindromi cromosomiche o altre patologie genetiche.

La scelta più consigliata sono i test di screening alle donne in età non a rischio – cioè con meno di 35 anni – e gli esami invasivi oltre i 35 anni, quando è statisticamente più elevata la probabilità di malformazioni cromosomiche del bambino.

Bisogna tuttavia considerare che oggi i figli si fanno sempre più tardi e seguendo questa filosofia, bisognerebbe consigliare a circa il 20% delle future mamme un esame invasivo che in un caso su 100 potrebbe provocare l’aborto di un bambino che la maggior parte delle volte è perfettamente sano.

Proprio per questo, sempre più ginecologi, concordano nell’indirizzare verso i test di screening anche le donne oltre i 35 anni, in modo da poter poi decidere, in base al risultato, se andare avanti nelle ricerche sottoponendosi a un esame invasivo o fermarsi lì.

Chiara Esposito

 

Redazione Desk
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