di Bruno Marra.
Quando Eduardo decise di portare “Pulcinella” in scena in teatro agli inizi degli Anni 60, gli tolse la maschera oleografica per trasformarlo in un personaggio rivoluzionario.
Il vecchio Pulcinella muore in scena e lascia spazio al figlio, il suo erede che smette i panni folcloristici di servo del padrone e indossa la tempra dell’uomo ribelle, stanco di vessazioni e angherie. “Il figlio di Pulcinella” – titolo della commedia eduardiana – è il futuro, quello che Eduardo immagina simbolo della catarsi del popolo napoletano, che si toglie la maschera dell’ambiguità e della remissività per rivelare al mondo il volto fiero di una storia secolare.
In questo periodo di Carnevale, giova riappropriarsi delle nostre origini per andare oltre le liturgie consumistiche e guadagnare la memoria della filosofia che permea la nostra figura universale interpretata fedelmente da Pulcinella.
Un personaggio in cui il contrasto è manifestato sinanche dall’aspetto cromatico. Il bianco e il nero. Il bianco del cappello, detto “pan di zucchero”. E il nero della maschera, denominata “ ‘ a meza sola”.
Pulcinella ha in sé la dicotomia dell’indole e del destino che portiamo addosso. Ridere per non piangere. Il bianco candore della speranza sporcato dal nero di una condanna.
La sua provenienza è ammantata di mistero. Si dice sia un nobile decaduto, oppure un contadino con la bramosia di commediante, un talento artistico che esprime al servizio di padroni potenti, ricchi e arroganti. Che Pulcinella, con garbo e furbizia fa “fessi e contenti”.
La sua è una vita da saltimbanco che, di contraltare, porta dentro una profondità rivelatrice, una visione della vita impietosa e beffarda, intrisa di malinconia che solo l’ironia può seppellire.
Sarà difficile vedere, in questo giorni di celebrazioni carnascialesche, bambini travestiti da Pulcinella, come a Napoli era in uso non più tardi di un ventennio fa. Ma forse è anche giusto non derubricare la nostra maschera ad un solo periodo dell’anno, affrancandola dalla liturgia esclusivamente festaiola. Proprio come fece Eduardo De Filippo, che svestì Pulcinella di quell’aura di rassegnazione per affidargli l’investitura di riscatto e rinascita. Come l’alba di una nottata che non è ancora passata…
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