Attualità

Prima Pagina, il nuovo spettacolo di Vincenzo Comunale. Intervista all’artista

Vincenzo Comunale, volto di spicco dello spettacolo italiano, torna sui palcoscenici nazionali, e non solo, con un nuovo progetto di stand-up comedy. Prima Pagina è il titolo dello show: un monologo scritto e diretto dallo stesso artista partenopeo, che parla di inizi, di pagine ancora bianche e di quel mix di paura ed entusiasmo che ti prende ogni volta che devi ricominciare da zero. L’artista racconta esperienze personali che diventano facilmente collettive, riflessioni che parlano a una generazione intera, quella sospesa tra Millennial e Gen Z, alternando battute a momenti più riflessivi, senza mai prendersi troppo sul serio, la vita quotidiana viene osservata da varie angolazioni, a volte scomode, spesso esilaranti. Anche Napoli c’è, senza stereotipi ma come una presenza autentica, vissuta. Il tour di “Prima Pagina” parte da casa: quattro date al Teatro Acacia di Napoli, dall’8 all’11 gennaio, un ritorno sul palco che arriva dopo anni decisamente intensi: nel 2023 Comunale ha fatto centro esibendosi davanti a oltre cinquemila persone in Piazza del Plebiscito, mentre nel 2025 ha confermato tutto con due sold out al Palapartenope con lo show “A Ruota Libera”. Ma il viaggio non si ferma qui, dopo Napoli, lo spettacolo vola anche all’estero: prima tappa europea in Svizzera, al Theatre de la Grenette di Vevey, con tre date dal 13 al 15 marzo. Poi di nuovo in Italia, passando per Milano, Torino e Roma, prima di tornare oltreconfine: Bruxelles il 24 aprile e Barcellona il 22 maggio. La produzione è firmata Full Heads Comedy, insieme a realtà internazionali come BeComedy UK e Barley Arts. Comunale, già noto al grande pubblico per programmi come Zelig, Le Iene e Battute?, continua così a costruire un percorso che mescola comicità e racconto personale, senza filtri.
Fa ridere sul palco, ma quando parla lo fa seriamente, anche in questa breve intervista concessa a RoadTv Italia.
Ciao Vincenzo, in “Prima Pagina” intrecci autobiografia e racconto generazionale: quanto di quello che porti sul palco nasce dalla tua esperienza personale e quanto invece viene dall’osservazione delle ansie e delle contraddizioni di chi ti circonda?
Diciamo che è sempre un 50 e 50. Ci sono dei pezzi in cui parto da me stesso, dal racconto personale, e naturalmente viene fuori qualcosa in cui potenzialmente qualcun altro può riconoscersi; altre volte invece parto dall’osservazione e poi cerco di metterci il mio punto di vista personale, la mia interpretazione. Alla fine i percorsi sono due: o dal personale al generale o dal generale al particolare, ma di fondo hanno una cosa in comune: la verità (che spesso fa ridere… o piangere, dipende da come la guardi).
Quanto è stato difficile raccontare Napoli, la città da cui parte “Prima Pagina”, evitando il folklore quasi obbligatorio e scegliendo invece uno sguardo più quotidiano, quasi generazionale?
Questa difficoltà non è mia, spesso sta negli occhi di chi guarda. Io non ho assolutamente la pretesa di raccontare Napoli (già è difficile raccontare me stesso, figuriamoci un’intera città), ma purtroppo quando un artista (o in generale un personaggio pubblico) è Napoletano gli si affida subito questa etichetta di “rappresentante”, ma Napoli mica è un’aspirapolvere da vendere? Per me è molto naturale non ricadere nel luogo comune, perché il mio modo di essere Napoletano non è “pittoresco” come qualcuno vorrebbe o si aspetterebbe, ma è “normale”, sano. A volte penso che certo marketing eccessivamente colorato danneggi Napoli quanto quello eccessivamente scuro della criminalità. Ci stanno tante tonalità nel mezzo: è lì che risiede la bellezza di una città che non si può racchiudere in un’unica narrazione… mi verrebbe da dire perché è “mille culure”, giusto per fare una citazione (non) a caso.
Racconti pagine ancora bianche, ma lo fai con la comicità: ci sono momenti in cui hai dovuto “frenare” la risata per lasciare spazio alla riflessione?
Ci sono sempre momenti più riflessivi all’interno di uno spettacolo, però personalmente rifuggo sempre dalla retorica. Detesto quei comici che all’improvviso, generalmente sul finale, smettono di fare battute e cominciano a dire cose smielate (magari pure un poco scontate e con la musichetta in sottofondo) come a dire: “fino ad ora vi ho fatti ridere, mo però aspettate che vi faccio riflettere pure”. Poi per carità: sono il primo fan della comicità che riesce anche a far riflettere (penso a Massimo Troisi e Luciano De Crescenzo), però appunto… deve essere comicità, sennò è ‘na poesia di Natale per avere l’applauso e i 50 euro dallo zio ubriaco.
L’improvvisazione è una parte forte dello spettacolo: quanto ti piace perdere il controllo sul palco?
Moltissimo. È quello che mi diverte di più e che rende ogni spettacolo diverso dal precedente. È importante, pure perché io sono pigro: mi scoccio di fare la stessa cosa per troppo tempo (il tour inizia con 5 spettacoli di fila al Teatro Acacia di Napoli… secondo te posso mai fare per 5 volte le stesse battute? Nello stesso modo? Non mi divertirei), perciò scrivo continuamente cose nuove, vado a ripescare pezzi vecchi e li modifico e perciò improvviso con la gente, per rendere ogni serata unica. Poi alla fine l’importante è non perderlo mai il controllo, sapere sempre come rientrare nella drammaturgia dello spettacolo e rendere funzionale quell’interazione.
Porti lo spettacolo all’estero davanti a pubblici molto diversi: l’umorismo “napoletano” cambia lingua o resta lo stesso? E come reagiscono quando capiscono che Napoli non è solo pizza e mandolino?
Forse è giusto che io ti informi di questa cosa: all’estero ci stanno più Napoletani che a Napoli!

E così, una risata dopo l’altra, pagina dopo pagina, Vincenzo Comunale continua a scrivere la sua storia. E, volente o nolente, ci invita a rileggere la nostra. Ad maiora, Vincenzo.

Change privacy settings
×