Chi si trova a passare nelle zone periferiche di Giugliano (soprattutto in estate, ma in realtà tutto l’anno) si trova davanti a scene di fumo nero e tossico, spesso dalle prime ore del pomeriggio fino a notte fonda.“Ogni volta che vedo il fumo nero alzarsi, so che mio figlio passerà la notte a tossire”, racconta M., giovane madre che vive a ridosso della zona ASI. Ma chi si “diverte” a creare roghi? E, soprattutto, chi glielo permette? Intorno si sentono le solite voci di intolleranza e razzismo: “Sono i Rom, questa è roba degli zingari”, scaricando così ogni responsabilità sulla comunità Rom presente da tempo nella zona incriminata. Certo, sono loro a dare fuoco, ma chi fornisce loro il materiale? Chi li paga pochi spiccioli per far sparire tonnellate di rifiuti tossici? Non serve essere detective per capire che dietro il nemico zingaro c’è un business organizzato: la camorra locale ha trasformato scarti tessili, plastiche, ingombranti e altri materiali tossici in oro nero. Ma non è solo camorra, i mandanti sono anche sotto i nostri stessi occhi, e spesso non ce ne accorgiamo neanche, o facciamo finta di non vedere. Dove finiscono, ad esempio, pneumatici, oli esausti e i rifiuti delle nostre auto quando le portiamo dal meccanico o dall’elettrauto? E ancora: dove vanno a finire elettrodomestici e rifiuti ingombranti che consegniamo al classico “ferrovecchio” perché ci dà fastidio andare all’isola ecologica più vicina a casa? Come mai, in questi casi di puro egoismo, ci si affida a chi può smaltirli senza preoccuparsi delle regole? Varie sono state le promesse (mantenute e non) da parte delle Istituzioni locali e nazionali nel corso degli anni: telecamere di sorveglianza, pattugliamenti, piani di bonifica. Ma la realtà dei fatti dice ben altro, i roghi continuano, come se nulla fosse. Troppo pochi i controlli, troppo lenta la giustizia, troppo facile bruciare, solo rabbia e rassegnazione si nota negli occhi dei residenti. “La sera chiudiamo tutto, ma il fumo entra lo stesso. I bambini tossiscono, la mattina i panni stesi sanno di plastica.” racconta un residente della zona Ponte Riccio. E le testimonianze non si fermano qui. Pochi giorni fa Renato Scognamiglio, tra i fondatori del comitato Kosmos, tra le maggiori organizzazioni locali che unisce cittadini, associazioni, politica e realtà di settore in difesa della giustizia ecologica e del diritto universale alla salute, ha rilasciato questa breve intervista per RoadTv Italia:
Ciao Renato, come credi che incida la paura dei roghi sulla vita quotidiana? Ci sono famiglie che hanno cambiato abitudini, come tenere i bambini chiusi in casa o spostarsi altrove?
Il fumo e la puzza di bruciato penetrano ovunque, io spesso di notte mi ritrovo a dover chiudere le finestre, nonostante il caldo, per la paura che mio figlio respiri queste sostanze tossiche che vengono bruciate. Non ti nego il terrore che mi prende lo stomaco e la voglia di andare lontano da tutto questo. Chi ha avuto l’opportunità ha scelto di trasferirsi, stanco di vivere in un’area che sa di veleno e non è possibile fargliene una colpa, anzi. Come uomo e padre vorrei poter dare un contributo per cambiare le cose in questo territorio, ma spesso non ti nego che la paura e la voglia di andarmene mi assalgono. Vivere così rappresenta spesso un continuo combattimento contro la paura: la paura di respirare, di uscire, di lasciare i bambini liberi di giocare e soprattutto la paura di rassegnarsi a questa realtà. È una vita mutilata, che nessuno dovrebbe accettare.
Cosa chiedete di fare nell’immediato per fermare i roghi?
Serve innanzitutto prevenire gli sversamenti e gli inneschi degli incendi, creando una task force dedicata esclusivamente alla prevenzione dei roghi:
controllo capillare delle zone a rischio, che spesso diventano ricettacolo di rifiuti pronti a essere bruciati;
pattugliamenti continui;
sorveglianza con telecamere e droni.
È fondamentale agire prima che i rifiuti si accumulino, perché altrimenti il fenomeno si autoalimenta. Il quadro della situazione attuale è in forte peggioramento, nonostante le dichiarazioni ottimistiche della Prefettura. I dati su sequestri e sanzioni hanno scarso impatto reale: infatti, dopo ogni pulizia tornano nuovi accumuli e nuovi roghi, mentre le denunce dei cittadini restano senza risposte adeguate, anche se denunciare è fondamentale ed è il mezzo più importante che abbiamo per far sentire la nostra voce. Inoltre, ti do una notizia in anteprima, tra fine settembre e inizio ottobre, come comitato abbiamo intenzione di organizzare una grande manifestazione – assemblea cittadina contro i roghi, per parlare direttamente alla comunità e dare un forte segnale alla politica, servono soluzioni reali e immediate, non più slogan elettorali e passerelle.
Può essere utile il solo “sfrattare” la comunità Rom per spegnere o arginare il problema roghi o serve altro?
Ridurre il problema alla sola comunità Rom è sbagliato e fuorviante. Esiste certamente una responsabilità diretta anche in quei contesti, ma la verità è che i rom rappresentano solo l’ultimo anello di una catena criminale molto più ampia. Dietro ci sono le ecomafie, con strategie precise – come i “roghi pilotati” – funzionali a interessi economici enormi. E purtroppo c’è anche il sospetto di connivenze politiche, perché dietro molti discorsi di “revamping” o “miglioramenti impiantistici” si rischia di celare la volontà di riportare questo territorio a essere il polo di smaltimento dei rifiuti per tutta la Campania e per il Sud Italia. Lo sfratto della comunità Rom da solo non risolve nulla, loro sono solo manodopera a basso costo facilmente rimpiazzabile. Servono azioni strutturali contro il traffico illecito dei rifiuti, controlli stringenti sulle aziende che smaltiscono illecitamente e un ciclo dei rifiuti finalmente legale e trasparente. Occorre implementare un sistema di ispezioni lungo tutta la filiera produttiva, e controlli effettivi da parte degli organi competenti, con il coinvolgimento diretto anche dei comitati che da anni presidiano e segnalano gli sversamenti illegali.
Quanto pesa la paura o la rassegnazione in chi vive qui da anni?
La paura e la rassegnazione sono pesantissime. Dopo decenni di promesse mancate, molte persone non credono più che sia possibile cambiare. Si vive con la sensazione che non ci sia via d’uscita, che respirare veleno sia il destino di chi abita qui. È come se la rassegnazione fosse diventata una seconda pelle. Ma accanto a questo c’è anche un’altra realtà: tante persone di buona volontà, padri, madri, giovani, cittadini comuni, che scelgono di non arrendersi. Si riuniscono, combattono, alzano la voce, denunciano e presidiano i territori, proprio per non farsi schiacciare dalla realtà e provare a cambiarla. È da qui che nasce la forza del comitato Kosmos: non da singoli, ma da una comunità che si riconosce nel diritto alla salute e nella dignità del proprio territorio. Kosmos, anche grazie al riconoscimento ottenuto in questi anni di continue lotte, grazie anche alla sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani sul caso Terra dei Fuochi, si è affermato come interlocutore credibile: siamo stati tra i promotori della Consulta intercomunale Terra dei fuochi, ai tavoli col Commissario Vadalà e in Prefettura. Questo ci dà la forza di continuare a lottare e di rappresentare una speranza per chi non vuole arrendersi. E la manifestazione che vogliamo organizzare tra fine settembre e inizio ottobre sarà proprio l’occasione per dare nuova voce a tutti quelli che non vogliono più subire in silenzio.
Qual è la vostra più grande preoccupazione se nulla dovesse cambiare?
La nostra più grande preoccupazione è che questo territorio diventi definitivamente un luogo invivibile, condannato a essere la discarica d’Italia. Se nulla cambierà, il prezzo lo pagheranno soprattutto i nostri figli, già oggi costretti a respirare sostanze tossiche con il rischio concreto di ammalarsi. Ma c’è anche un pericolo politico enorme: che la crisi ambientale venga usata come pretesto per rilanciare nuovi impianti e nuovi affari milionari legati allo smaltimento dei rifiuti, a beneficio delle ecomafie e con il beneplacito della politica. Questo significherebbe trasformare Giugliano e tutta l’area nord in un polo di smaltimento permanente. E in vista delle prossime elezioni regionali la politica deve capire che qui non bastano più promesse o campagne elettorali giocate sull’emotività. Servono azioni concrete, immediati investimenti nella prevenzione e il controllo dei roghi, attuare finalmente le bonifiche delle discariche della zona e implementare un ciclo dei rifiuti trasparente e partecipato. Noi cittadini, con Kosmos, saremo vigili: non ci accontenteremo più di slogan, ma pretenderemo fatti.
Quanto dovrà ancora bruciare Giugliano prima che qualcuno “spenga” davvero l’incendio? Ecco la domanda a cui bisogna trovare urgentemente una risposta. Ai posteri (se mai ci saranno in zona) l’ardua sentenza.
This post was published on Set 8, 2025 8:40
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