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De Laurentiis spara a zero: «Il Maradona è un semicesso, la politica uccide il calcio»

De Laurentiis spara a zero: «Il Maradona è un semicesso, la politica uccide il calcio»

Aurelio De Laurentiis non conosce mezze misure. Quando parla, lo fa per colpire. E al Football Business Forum della Bocconi di Milano, il presidente del Napoli ha sparato ad alzo zero su tutto e tutti: dal Comune di Napoli ai vertici del calcio mondiale.

«Il nostro stadio è un semicesso», ha detto senza giri di parole, riferendosi al Maradona. Poi ha spiegato: «Quando arrivò Ancelotti riuscimmo a sistemare qualcosa, ma la verità è che l’impianto resta quello che è. Il Napoli paga al Comune la stessa cifra che il Paris Saint-Germain versa per il Parco dei Principi, solo che loro ci fanno business tutto l’anno e noi possiamo entrarci un giorno prima della partita e uscire il giorno dopo».

De Laurentiis affonda il colpo: «Abbiamo una pista d’atletica che allontana i tifosi dal campo e un fossato che rende tutto ancora più distante. È uno stadio nato male e gestito peggio. E la politica italiana è il nostro più grande nemico. Se i politici capissero che dietro il calcio ci sono 25 milioni di elettori, forse cambierebbero idea».

Poi, il fuoco si sposta su un altro bersaglio: i piani alti del calcio mondiale. «Ceferin e Infantino devono stare attenti, stanno distruggendo i campionati nazionali», avverte il patron azzurro. Il riferimento è al calendario internazionale e ai giocatori “prestati” alle nazionali: «Li compriamo noi, li paghiamo noi, e loro tornano distrutti. Nessuno ci rimborsa un euro. Se non si mette ordine, tra cinque o sei anni resteranno solo Milan, Inter, Juventus, Napoli e Roma. Ma allora che senso ha costruire nuovi stadi se il sistema sta collassando?».

Ancora una volta, De Laurentiis scuote il tavolo. Tra provocazioni e verità scomode, il suo messaggio è chiaro: il calcio italiano rischia di implodere — e il Maradona, nel frattempo, resta il simbolo perfetto di un Paese che non riesce mai a fare davvero il salto di qualità.

di Adriano Pastore.

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