34 anni perché l’anima di Simonetta Lamberti possa essere finalmente libera di restare nel cielo dove i suoi familiari riescono da sempre a immaginarla, ma nel quale non potevano lasciarla andare a causa di una verità sospesa.
34 anni perché si riuscisse a chiudere in terra l’orribile storia della prima bambina vittima innocente di camorra.
34 anni per segnare una pausa a un dolore che non troverà mai fine o risposta, ma che ha finalmente visto proclamare con chiarezza una verità “rimandata” troppo lungo.
34 gli anni che hanno scavato in profondità la vita dei familiari e di quanti, amici e vicini, hanno subito l’offesa di una prova troppo grande per un cuore umano.
34 anni, infine, che hanno restituito il respiro e il sogno a una famiglia sospesa lievemente a un dolore che annulla e stravolge ma vissuto con dignità e discrezione.
Non poteva che essere fatta di lacrime la reazione della sorella Serena Simonetta Lamberti, incredula dinanzi alla telefonata che le annunciava la decisione della Cassazione: “la telefonata che ho atteso per tutta la vita. Ce l’ho fatta. Ce l’abbiamo fatta. È finita”.
Una sorpresa e un sollievo subito condivisi con la mamma tra lacrime di incredulità, di confusione, di dolore e sollievo insieme.
La sensazione di aver raggiunto un traguardo importante, l’ultimo dono possibile per la sorellina assassinata 34 anni prima.
Il contrasto tra la gioia per la vittoria conseguita e il dolore perché nessuno vorrebbe essere felice per un motivo del genere.
Il contrasto tra il senso di appagamento per la giustizia finalmente liberata e le ganasce che serrano il cuore di chi comunque continua a piangere l’affetto perduto.
Il contrasto tra la rinnovata forza per combattere contro le ingiustizie e la certezza di aver subito il più grande torto che una madre, una famiglia, possa subire: essere violentemente privata dell’amore più caro, un figlio.
Dopo 34 anni di attesa, una condanna di 30 è tutto; eppure è troppo poco dinanzi a quel dolore che non sparirà mai più.
E’ una vittoria, una soddisfazione forse, l’appagamento di una vita di fedeltà alla giustizia e alla legge, ma è troppo poco di fronte a quello che mai più potrà essere restituito: l’affetto, la carezza, la gioia e l’ansia di veder crescere una sorellina e una figlia.
Le sue parole, i sogni, le speranze da condividere, il futuro che non c’è restano il punto interrogativa di una vita che può solo essere sognata.
Eppure, va bene così. E’ un segno, una liberazione anche dal timore opprimente della possibilità di una legge che non pervenga al vero.
Eppure, resta un mare nero e profondo nel cuore di ciascuno che conserva le sue mille domande e le speranze e la voce di una voce che non parla più.
Solo il sorriso di quell’angelo lassù potrà un po’ lenire tanto vuoto mentre continua a chiedere che sia dia voce al dissenso per un male che non deve continuare a mietere le sue vittime affinché nessun fiore sia più impunemente macchiato, spezzata la sua vita come il fiore dalla pianta.
La commozione e la gioia per una conclusione giusta, sebbene dopo una lunga attesa, siano il segno del nostro impegno e della lotta contro la violenza e la camorra, siano l’impronta dei passi di
Simonetta Lamberti sulla sabbia mentre lentamente si allontana e saluta e sorride con quel suo sorriso di bambina che ci regala la speranza del suo canto:
“Una fortezza inespugnabile, io sono:
inespugnabile è la mia coscienza pulita.
Un inarrestabile fiume in piena, io sono:
inarrestabile è la volontà di non mentire e non tacere mai.
Un ideale imbattibile, io sono: imbattibile è la forza del mio pensiero libero. Una casa accogliente nel mare di ghiaccio, io sono: accogliente è il coraggio del mio abbraccio. La messe generosa di un campo di grano, io sono: generoso è lo sguardo con cui osservo. L’acqua cristallina di una fonte, io sono: cristallino è il suono della mia voce che parla. Il limpido splendore del sole e delle stelle nel mare, io sono: limpida è la profondità del mio cuore che ascolta”.
di Loredana De Vita
This post was published on Mag 17, 2016 9:40
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