Roma, 21 agosto 2025. In un caldo pomeriggio estivo Marzia Sardo, 23 enne siciliana residente nella capitale per motivi di studio, si reca al Policlinico Umberto I per una forte emicrania e viene sottoposta a vari esami di routine, come da protocollo. Tutto nella norma, fin quando viene portata in sala radiografie per una tac al cranio. Le viene chiesto di rimuovere gli orecchini e la mascherina indossata per sospetto Covid, perché il ferretto interno rischiava di compromettere l’esito dell’esame. La giovane però racconta, in un video denuncia pubblicato su Tiktok, di aver ingenuamente poi chiesto “devo togliere allora anche il reggiseno visto che ha il ferretto?” ma il medico ha inizialmente detto che non era necessario, almeno fino a quando, guardando i colleghi presenti, le dice “certo, se te lo vuoi togliere, ci fai felici tutti”. Un gesto spiazzante, non ci si può aspettare una risposta simile in un contesto sicuro quale un ospedale, e da qui inizia lo sfogo in un pianto disperato nel video/denucia della vittima, che poi termina così: “Cosa vi passa per la testa quando pensate che sia normale? Che sia giusta? Che ci si possa ridere su? E cosa dobbiamo fare noi, quando ci continuate a dire che siamo pazze o pesanti? Questo è quello che dobbiamo vivere ogni giorno, anche in contesti che dovrebbero essere sicuri e professionali. Non bisogna stare in silenzio davanti a cose del genere.”
La storia ha subito spaccato l’opinione pubblica on e offline: c’è chi la liquida come una battuta innocente e chi invece ci vede un comportamento fuori luogo, tanto più grave perché arrivato da chi lavora in corsia e dovrebbe avere ben chiaro quanto fragile possa sentirsi una ragazza in quel momento. Nel frattempo però l’ospedale ha avviato un’indagine interna per chiarire la vicenda, sottolineando che “la difesa della salute e il rispetto dei pazienti sono priorità assolute e su cui non è possibile fare eccezioni”.
Questa spiacevole vicenda non è soltanto un episodio da far commentare sui social da “psicologi da tastiera” però, o da far innescare commenti da bar, ma mette al centro una domanda secca quanto scomoda: quanto siamo davvero ascoltati quando entriamo in un ospedale? La medicina è fatta di competenze sì, ma anche di umanità. E se manca quella, non basta il camice bianco a restituire fiducia. Forse, la vera lezione di questa storia è che il rispetto non è un optional, nemmeno quando i corridoi sono affollati, i turni infiniti e la stanchezza pesa. Perché dietro ogni paziente c’è una persona che chiede cure, ma soprattutto comprensione.
Caso Marzia Sardo, bufera all’Umberto I di Roma: la sanità dimentica il rispetto?














