Trentamila, questi sono i posti di lavoro che Amazon ha deciso di tagliare a partire da ieri. Crisi aziendale? No, per niente. Piuttosto, sete di guadagni facili. Già, perché a finire a casa non sono solo numeri ma persone sostituite da intelligenze artificiali e robot sempre più efficienti, sempre più economici e, soprattutto, che non chiedono ferie né stipendi. I tagli riguardano circa il 10% dei dipendenti del colosso dell’e-commerce, che segnano la fine dell’era dell’espansione post-pandemia, quando Amazon aveva assunto sempre più per reggere l’ondata di acquisti online di quel momento storico. Ma ora la musica è cambiata, e, causa l’IA che entra in ogni reparto, l’azienda ha deciso di “snellire”: si parte dagli uffici delle risorse umane e dalla divisione pubblicitaria, ma presto toccherà anche ai magazzini. E, secondo il New York Times, entro il 2027 i posti tagliati potrebbero arrivare a 160mila.
Dietro questi numeri, però, ci sono vite reali: genitori rimasti senza lavoro da un giorno all’altro, famiglie che non sanno come andare avanti, lavoratori che, magari troppo avanti con l’età, difficilmente troveranno un nuovo inizio. Amazon, un tempo simbolo di opportunità lavorativa, oggi diventa il simbolo di un capitalismo che non ha più bisogno dell’uomo, ma solo dell’efficienza. Realtà vuole che Amazon non sia un’eccezione, ma solo la punta di un iceberg, il mondo del lavoro sta cambiando, e non sempre in meglio: il posto fisso è ormai una leggenda metropolitana, la stabilità un miraggio. Oggi sopravvive chi sa reinventarsi, chi impara, chi si adatta a un mercato che corre più veloce delle persone.
Un attimo di riflessione andrebbe fatto però, da parte di tutti, compresi i giganti dell’economia e dell’industria mondiale: il progresso non va fermato, per carità, ma va indirizzato: la tecnologia dovrebbe servire l’uomo, non cancellarlo.
This post was published on Ott 30, 2025 9:45
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