Attualità

A Torre del Greco arriva il “cane di quartiere”: un progetto per convivere con i randagi

Non più solo randagi, ma veri e propri “cani di quartiere”. È questa l’idea alla base della nuova ordinanza firmata dal sindaco di Torre del Greco, Luigi Mennella, che ha scelto di affrontare il tema del randagismo in maniera concreta e, soprattutto, civile. Il provvedimento nasce dalla collaborazione tra il Comune e l’associazione animalista Gli angeli randagi del Vesuvio Onlus, da anni impegnata nella tutela degli amici a quattro zampe. L’obiettivo è semplice ma ambizioso: garantire sicurezza ai cittadini, senza però dimenticare il benessere degli animali che vivono per strada.

In pratica, ecco come funziona: i cani randagi individuati sul territorio saranno segnalati dalla polizia municipale, che inoltrerà la richiesta di intervento all’ASL Napoli 3 Sud. Saranno quindi i veterinari dell’azienda sanitaria a occuparsi della cattura, dell’applicazione del microchip e della sterilizzazione. Prima, però, verrà verificato che i cani non risultino aggressivi, pericolosi o coinvolti in episodi di morsicature. Una volta completati i controlli e le procedure sanitarie, gli animali torneranno nei luoghi da cui erano stati prelevati, oppure in aree considerate più adatte. Qui assumeranno ufficialmente il titolo di “cani di quartiere”, con tanto di scheda clinica aggiornata. La loro cura quotidiana sarà affidata ai volontari dell’associazione animalista, che garantiranno attenzioni e supporto.

Si tratta di un segnale di civiltà importante” spiega l’assessore al benessere animale, Laura Vitiello “in questo modo affrontiamo il problema del randagismo con responsabilità, tutelando allo stesso tempo cittadini e animali. I cani saranno seguiti passo dopo passo dall’ASL veterinaria e, una volta sterilizzati e microchippati, potranno tornare in strada, ma non più come randagi invisibili: avranno un’identità e qualcuno che si prende cura di loro”.

Un’iniziativa che punta a trasformare un’emergenza in un’opportunità di convivenza. Perché, come ricorda l’ordinanza, il “cane di quartiere” non è solo un randagio: è parte della comunità.

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