Pandemia, l’Organizzazione mondiale della sanità è pronta a pronunciare la parola che fino ad oggi impronunciabile. Dobbiamo prendere coscienza della possibilità che questo avvenga e di usare le opportune precauzioni.
Che significa dire ai singoli Stati di fare un passo indietro ed eseguire i piani dell’Oms per impedire che il virus dilaghi. Misure che possono andare dallo stop alle attività produttive ai limiti alla circolazione anche via terra e che potrebbero essere applicate in primis nel nostro Paese, che ha il maggior numero di casi dopo Cina e Corea del Sud.
Il ministro della salute tedesco è il primo ad usare la parola pandemia
Il primo a rompere il tabù, definendo quella attuale una pandemia era stato il ministro della salute tedesco. Ma anche gli esperti dell’Oms sanno che oramai si è già passati a quella che la stessa organizzazione definisce fase sei, equivalente al periodo pandemico.
Al quale, secondo il loro stesso schema di classificazione delle epidemie, corrispondono misure per minimizzarne l’impatto e non più per bloccare la diffusione del virus, ritenuta oramai inevitabile. Una strategia pensata per impedire impennate di contagi, che mandino sotto stress i servizi sanitari.
Entro 7, massimo 10 giorni, dalla sede di Ginevra l’Oms proclamerà lo stato pandemico. “Il tempo di avere dati consolidati anche dall’Africa e dall’America Latina”, spiega Walter Ricciardi, dell’executive board dell’organizzazione.
Del resto per i Centri statunitensi per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) il Covid-19 presenta già due dei criteri per definirsi pandemia: si diffonde tra le persone e può essere mortale. Il terzo, la sua diffusione su scala mondiale, sarà appunto raggiunto a breve, quando arriveranno dati certi sui primi focolai africani e sudamericani.
Attualmente per l’Oms ci troviamo comunque nella fase 5, quella di allerta pandemica, nella quale la risposta è quella che gli epidemiologi definiscono di contenimento, quando si può ancora isolare una persona colpita e poi tracciare e mettere in quarantena i suoi contatti. “Ma stiamo già passando alla fase successiva di “mitigazione”, ossia quella di riduzione del danno visto che non posso più bloccare la diffusione del virus”, spiega Ricciardi.
In pratica la strategia che l’Oms contempla in caso di pandemia. “Con la dichiarazione dello stato pandemico l’Oms può mandare i suoi operatori in loco, come fanno i caschi blu dell’Onu”, ma soprattutto “può chiedere ai singoli Paesi di adottare misure di mitigamento, come il fermo di alcune attività o dei trasporti anche via terra». Non c’è obbligo, ma il non rispetto delle disposizioni equivarrebbe alla mancata applicazione di norme internazionali, che implica l’applicazione di sanzioni”
I vertici dell’Oms non pensano però a una strategia univoca “ma ad una agilità di approccio come quella che abbiamo visto in Cina, dove a Wuhan si sono adottate misure di mitigazione, mentre nelle altre aree del Paese si è adottata una strategia di contenimento”, spiega Bruce Aylward, braccio destro del direttore generale dell’Oms.
Insomma le misure anche in caso di pandemia non saranno generalizzate, ma commisurate al livello di diffusione del virus. Il problema è capire di quanto rosso si tingerà la mappa dei contagi.
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