Napoli, Italia: e non ci sarà altro che l’azzurro denso di quel panorama che Mertens s’è scelto, in uno spaccato che sembra tenerlo fuori dal tempo. Posillipo, Palazzo Donn’Anna, dove l’architettura e la storia si confondono e il paesaggio, osservandolo da un terrazzo spaziale, ti induce a perderti: Mertens è uno scugnizzo, catalogato come tale persino nel soprannome familiare – Ciro – che gli è stato attribuito da un bel po’, certo prima del rinnovo annunciato ufficialmente il 27 maggio dal (classico) tweet di De Laurentiis che però in quel caso segna la svolta, alza uno steccato, sa di barriera e persino di frontiera, tende ad evitare le insidie d’un mercato che qualcosa ha lasciato. «Dries sarà con noi fino al 2020, a meno che non voglia andare a giocare all’estero, dato che c’è una clausola che lui ha voluto e non ho potuto rifiutare».
Il passato (Higuain docet) non torna, perché nell’accordo c’è quel veto (giuridicamente assoluto) di potersi lasciar sedurre da offerte sontuose da un’Italia che dovrà restare, per Mertens, un’esclusiva del Napoli: in quel triennale, da quattro milioni di euro, l’unica possibilità di liberarsi, però per andare in Europa, nel Mondo, ovunque ma non qui da noi, è concessa pagando ventidue milioni di euro, ovviamente cash, che De Laurentiis ha sistemato come barriera: «Nella vita bisogna imparare e dopo quell’errore solo un club straniero potrebbe strapparci Dries, che ovviamente spero resti sempre con noi».
Ma è una ipotesi – eventualmente quando il belga avrà trentuno anni – che resta lì, non necessariamente la volontà di staccarsi da una città che, cinguettando in quei giorni, Mertens ha definito «il mio presente, il mio futuro», la sua casa da cinque anni. Ma la storia continua.
Fonte: corrieredellosport.it
This post was published on Ago 18, 2017 17:50
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