venerdì, Aprile 26, 2024
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Recensione di La torre d’avorio di Vincenza D’Esculapio

Durante il trasloco Evelina, da poco vedova, ritrova una scatola. È quella dove nel tempo ha raccolto le foto più preziose, le lettere d’amore, i bigliettini, e un faldone di documenti che la porteranno a riavvolgere il filo della memoria, indietro nel tempo fino al giorno della sua nascita, nel cuore di via dei Tribunali.

Comincia così La torre d’avorio, il volume edito da Homo Scrivens in cui l’autrice, Vincenza D’Esculapio, trova il coraggio di raccontare la sua storia, a partire da un’infanzia finita troppo presto, quando la vita le ha portato via i genitori. Sullo sfondo una Napoli ferita, appena uscita dalla guerra, che lentamente ma inesorabilmente cerca di ripartire.

Evelina, alter ego narrativo dell’autrice, poco più che adolescente scoprirà il segreto legato alla sua nascita e da quel momento in poi saranno la sua rabbia e la sua fragilità ad accompagnare il lettore, attraverso gli occhi limpidi della protagonista, nel viaggio che la porterà dritta tra le braccia della comunità di Geova e di quello che promette: la possibilità di un futuro diverso, dove la morte non ha più alcun potere e la felicità è eterna.

In un cammino che passa attraverso i teneri ricordi nella casa di famiglia, gli anni del collegio, i primi viaggi con le amiche, gli esami scolastici e fino all’incontro con l’amore vero, l’agile volume (160 pagine) in poco spazio racconta un’intera esistenza, una vita intera, quella di Evelina, trascorsa con un’anima divisa tra un’educazione cattolica troppo formale e l’incontro coi Testimoni di Geova, tra uno spirito di ribellione idealista e i ciechi dettami della religione.

La voglia di ricostruire un’identità perduta e tradita porteranno Evelina a cercare sollievo in una comunità che non è come sembra e che pian piano la catturerà tra le sue reti, imprigionandola in un mondo ovattato che si rivelerà una trappola fatta di ostracismo, una vera e propria torre d’avorio che non perdona lo spirito critico.

a cura di Donatella De Tora

Francesco Healy
Francesco Healy
Ho sempre odiato, sin dalla nascita, le bugie e le ingiustizie, dunque da grande avevo solo due strade da poter percorrere, quella del detective o del giornalista, ho scelto la seconda e il potere della penna, da sempre affascinato da tale professione.
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