lunedì, Aprile 29, 2024
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“Inferni familiari”, Antonella Lia. Oltre le apparenze nelle relazioni familiari.

Antonella Lia, sociologa, psicologa e docente di Filosofia, nasce e lavora a Napoli, come psicoterapeuta. È autrice di alcuni articoli e due saggi: “Abitare la menzogna” (Stampa Alternativa, 2013) in cui evidenzia le sopraffazioni ai danni dei bambini e il recente “Inferni familiari. Storie bizzarre di bolge domestiche (Nulla Die, 2016) in cui racconta storie di relazioni familiari tossiche.

Osservatrice attenta ma non distante, l’autrice si lascia coinvolgere mentre coinvolge nella descrizione e analisi delle relazioni tra adulti e adolescenti e in quella familiare più specificamente.

La scrittrice non si pone dall’esterno ma analizza dall’interno le diverse situazioni fornendone così non solo un’accurata e profonda descrizione, ma suggerendo anche che è dall’interno di ciascuno che possono e devono scaturire risposte e proposte risolutive.

In entrambi i suoi testi, Antonella Lia, dipinge un quadro della realtà tristemente reale, così la sua parola si fa racconto e testimonianza.

Di grande intensità, in “Abitare la menzogna”, la descrizione di ogni forma di violenza come “abuso” non solo fisico ma della coscienza e l’autrice ne rende consapevole il lettore attraverso nutriti esempi dalla vita reale nella cui descrizione appare anche l’esperienza di una normalità che protegge nascondendo rendendo il male “banale” nella sua mercificazione. Si tratta di silenzi complici, spesso, e anche di incapacità genitoriale nel riconoscere la propria imperfezione. E’ quello che Antonella Lia chiama “tradimento dei bambini”, della loro innocenza; tradimento del ruolo di adulti, della loro consapevolezza, del “dovere” di non essere i “mostri” nella vita dei figli.

Parimenti interessante e profondo, “Inferni familiari. Storie bizzarre di bolge domestiche” (Nulla Die, 2016), nel quale l’autrice sperimenta oltre la consueta ed evidente competenza e conoscenza, un gusto quasi ironico nella sua analisi e chiave di lettura che rende il testo stesso persino più intrigante.

Il titolo stesso, con il riferimento alle “bolge” dantesche nei gironi dell’Inferno, richiama a una suddivisione abbastanza netta e precisa di una situazione rispetto all’altra, quasi a voler indicare al lettore un sistema di causa ed effetto, di concause e di “origine del male” il cui prodotto sono delle relazioni sbagliate, lasciate andare senza cura e, persino, abbandonate nell’oblio del silenzio e dell’indifferenza.

Differentemente da quelle dantesche che sono dieci, Antonella Lia ci descrive sette bolge nelle quali l’essere umano può smarrirsi e condannarsi per sempre o avere, nell’intuizione dell’autrice, una possibilità e una sola di riscattarsi rispetto al vuoto privo di senso e direzione.

La prima bolgia si riferisce alla “dipendenza dall’immagine” e significa la perdita del valore del contenuto e la conseguente perdita del se stessi reale; immediato è il legame con la seconda bolgia, “la relazione con il cibo”, perché essa diventa specchio di un disagio e di una non accettazione di sé e della propria condizione. Quale ne sia la causa dipende forse da quel “mal di amore” di cui si riflette nella terza bolgia. Un amare ed essere amati sovente inefficace e non rispondente ai bisogni reali della persona. E’ così che ogni cosa, ogni sensazione viene ingigantita e si prova la paura dell’essere soverchiati e impossibilitati a risollevarsi, come ci racconta l’autrice nella quarta bolgia, quella delle “emozioni esasperate”. Ogni bolgia, passo dopo passo, ha rivelato i chiari e gli scuri del proprio essere, le paure e le deficienze, come vien descritto nella quinta bolgia dove si profila un’evidente “ombra della personalità”. Due, a questo punto, appaiono le risposte possibili, una apparentemente il contrario dell’altra, ma inscindibili, irrealtà, l’una dall’altra così come inscindibile è il corpo dall’anima. Sono il “narcisismo” della sesta bolgia e il “disamore“ della settima. La relazione familiare finisce col chiudersi o in una forma narcisistica di perfezione o nella disattenzione disamorata della distanza tra le parti.

Con tatto e ironia, Antonella Lia guida il lettore dentro se stesso e lo invita a scoprire le proprie risposte perché, in realtà, esiste un’altra possibilità ed è quella che l’autrice profila nel suo ultimo capitolo, “Fuori dall’inferno”, dove il mantra della propria riflessione può ridonare sacralità alla vita.

di Loredana De Vita

Inferni familiari. Storie bizzarre di bolge domestiche – Antonella Lia

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Redazione Desk
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