Il 6 aprile 2013 a proposito della sentenza sul caso Eternit, Giancarlo Caselli, il fu procuratore capo di Torino, dichiarò: “è nata una nuova cultura giuridica in materia di lavoro“. A seguire il Procuratore generale Ennio Tomasielli, il supervisore delle indagini Raffaele Guariniello e i pm Sara Panelli e Gianfranco Colace (che per oltre 10 anni hanno indagato sulla catastrofe ambientale e sanitaria provocata dall’Eternit e ancora oggi indagano a favore degli stabilimenti esclusi dal suddetto processo e dei deceduti dopo il 2008) commentarono che: “questo è il riconoscimento di anni di lavoro e di un disastro ambientale senza precedenti”.
La sentenza del 5 aprile 2013 prevedeva la condanna di Ernest Stephan Schmidheiny, imprenditore svizzero delle costruzioni, a 18 anni anni per omissione volontaria di cautele antiinfortunistiche, per disastro doloso e per aver procurato dal 1966 al 2008 anche le morti di Rubiera e Bagnoli (escluse dal primo processo). La sentenza prevedeva che Ernest Stephan Schmidheiny doveva un risarcimento di 92 milioni 836 mila e 246 euro nel seguente modo ripartito: 12 milioni dovevano andare in favore dei sindacati, 30 milioni e 944 mila euro al Comune di Casale Monferrato, 20 milioni alla Regione Piemonte, 250 mila euro agli altri comuni del Monferrato coinvolti nella strage, 30 mila euro a ognuna delle 932 parti lese, tra cui 400 persone di Cavagnolo per aver risieduto in un ambiente inquinato e quelle a cui sono state riconosciute le condizioni per il reato del “danno di paura”.
Tutto questo è stato sospeso grazie all’accettazione da parte della Corte d’appello di Torino sulla strage dell’Eternit della richiesta del procuratore generale Francesco Iacoviello per l’annullamento senza rinvio della condanna a 18 anni per Stephan Schmidheiny perché tutti i reati sono prescrivibili. Nessuno è colpevole per i 30.000 morti per mesotelioma pleurico, il tumore indotto dall’inalazione delle polveri di amianto nei quattro stabilimenti italiani della multinazionale dell’Eternit. La giustizia è stata fustigata e cacciata e nessuna soddisfazione seguirà alle richieste di Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli.
Ad essere stato beffato è anche lo stato e con esso l’Inail e l’Inps che negli anni hanno pagato 280 milioni di euro per le prestazioni sanitarie erogate ai malati di amianto e, come se non bastasse, dovranno pagare le spese processuali, insieme a un parente di una delle vittime, essendo stati esclusi dagli indennizzi.
This post was published on Nov 20, 2014 14:16
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