Pasquale Scherillo: “Dopo i fatti dell’Olimpico mi vergogno di essere italiano”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera invataci da Pasquale Scherillo, fratello di Dario, vittima innocente di camorra ucciso il 6 dicembre 2004, sugli scontri di sabato all’Olimpico.

È facile da casa giudicare, dire “si doveva giocare o non si doveva giocare”.  La verità è una,  siamo prigionieri di delinquenti, prigionieri di una mentalità mafiosa. Ieri un tifoso, non un ultrà , è rimasto ferito da un colpo di pistola al petto. Premetto che appena arrivati a Roma l’atmosfera era quasi surreale: zero controlli, zero auto della Polizia, zero servizio d’ordine. Atmosfera quasi non italiana, tifosi del Napoli e della Fiorentina che passeggiavano insieme fuori allo Stadio Olimpico, sembrava tutto troppo bello, tutto troppo non italiano. Poi un fuggi fuggi generale, il caos. Daniele De Santis, un 48enne romano con precedenti, ultrà della Roma con alcuni suoi amici, che non c’entravano niente con questa partita, decidono di fare un vero e proprio agguato ai tifosi del Napoli. Provocano i tifosi del Napoli,  lanciando dei fumogeni, poi lanciano almeno due bombe carta.  Alla reazione dei sostenitori biancoazzurri, quel pezzo di m… spara  alcuni colpi d’arma da fuoco.

Da quel momento tutta quell’atmosfera “ bella, non italiana “ svanisce. Cariche, fumogeni, feriti, feriti  tra tifosi ed appartenenti alle forze dell’ordine e  due steward. Si entra nello stadio, napoletani e fiorentini hanno una gran voglia di fare festa, di cantare, si preparano le scenografie. Ma tutto svanisce, arriva la notizia. Gli ultrà del Napoli e della Fiorentina, insieme al questore, decidono di far giocare la partita, decisione presa per ordine pubblico, ma decidono di non cantare per rispetto del ragazzo.  Due tifoserie unite  da una sola decisione.  Lo so non è giusto vedere che un certo “Genny ‘a carogna “ debba parlare con Hamsik, non è giusto che prenda lui delle decisioni, non è giusto che anche noi in curva eravamo suoi prigionieri, ci urlava di non cantare, di non saltare. Questo non è sport, questo non è calcio, mi sono vergognato di essere napoletano, mi vergogno di essere italiano; e poi mi chiedono “ perché fischi l’inno?”?

Ho cantato,  ho esultato per la doppietta di Insigne e per il gol di Mertens, ho applaudito la Fiorentina, come hanno fatto almeno 20.000 tifosi del Napoli, durante la premiazione da sportivo, ho esultato e goduto per la Coppa alzata al cielo. Io ero lì per una partita di calcio. E’ facile giudicare, ma credetemi non si può giudicare chi ha scelto di cantare, chi ha scelto di non farlo, chi ha deciso di andar via. Questo non è più calcio, hanno ucciso anche questo in Italia.  Dobbiamo ringraziare tutti Genny ‘a carogna: ha fatto capire chi comanda in Italia: la sub cultura della violenza.

Gennà grazie, e non ti prendo in giro, lo dico con rispetto, perché dopo le polemiche su come si muore tra le braccia di una divisa, tra lo sdegno di un applauso strumentalizzato, la volontà di delegittimare totalmente la polizia, grazie a te sappiamo chi davvero decide le sorti di questo paese e finalmente potremo farcene una ragione. Hai deciso tu se fare o non fare una partita importantissima, ti devo ringraziare perché con serenità possiamo ammettere che non esiste più Stato, più democrazia, più autorità locali di pubblica sicurezza…ma ci sta “Gennà a carogna”.
Gennà tu non sei napoletano, non sei partenopeo ….sei semplicemente italiano.

This post was published on Mag 5, 2014 13:04

Redazione Desk

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