Negli anni Ottanta la musica pop a Napoli era rappresentata da Nino D’Angelo. Il caschetto però non era l’unica capigliatura “indossata” dai giovani. Le prime creste iniziarono ad arrivare in città e chi voleva sentire quell’acconciatura come una parte di sé, chi voleva unirsi a quelle persone che non giudicavano quei capelli “strani”, la sera andava in locali specifici: il Pulsar, lo Zx di via Atri. E il Diamond Dogs al Cavone, piccolo tempio dell’avanguardia rock che partendo dal nome (la hit di David Bowie) portò la “piccola” metropoli sulla scena underground europea. E quindi, Chiedi cos’era il Diamond Dogs. Pogo, chitarre distorte, sudore, ammuina, comunità. Un pezzo di storia che adesso grazie all’intuizione di Salvio Cusano viene messo in mostra, attraverso foto e materiali al Pan-Palazzo delle arti di via dei Mille. Dal 14 al 23 marzo, ad ingresso gratuito. Il titolo dell’esposizione, come scritto, è “Chiedi cos’era il Diamond Dogs” parafrasando gli Stadio di Chiedi chi erano i Beatles .
“In una Napoli post terremoto, dominata dall’opprimente potere demosocialista – scrivono i promotori della mostra – un gruppo di giovani “eroi” scopre, trasforma ed inaugura (era l’11 giugno 1984) nelle viscere della città, al Cavone, il posto che per molti anni segnerà una tappa obbligata per tutti quelli, ed erano veramente tanti, che volevano vivere….vivere tutto, di tutto e a qualunque costo“.
Vernissage fissato per il 14 marzo alle 17. Gli scatti portano la firma di Toty Ruggieri, i video sono di Antonio MG Piccolo , le opere di Lucia Gangheri, Enzo Palumbo e Michelangelo Riemma , le tracce delle performance di Salvatore Cantalupo oltre le locandine dei concerti e degli eventi dei party oltre a documenti del collettivo creativo del Diamond.
Info: Corriere del Mezzogiorno
This post was published on Mar 13, 2015 13:35
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