E’ arrivata l’inappellabile sentenza della Corte di Cassazione: Roberto Saviano copiò tre articoli dai quotidiani “Cronache di Napoli” e “Cronache di Caserta” nella stesura del suo primo bestseller “Gomorra”.
La Suprema Corte, presieduta da Renato Rordorf, con sentenza 12314 depositata dalla Prima sezione civile, ha quindi affermato come sia “evidente” che in questa causa sul diritto d’autore “non era in discussione l’originalità e la creatività del libro Gomorra, ma solo il plagio di alcune sue parti specifiche e limitate”. Parti sulle quali, nel 2014, Saviano diede una sua spiegazione ben precisa. “Ho sempre cercato fonti e notizie ovunque le trovassi. Ho sempre voluto come prima cosa accertarmi che quanto stessi raccontando fosse vero, provato, verificato. Anche se si tratta dello 0,6% del mio libro, non voglio che nulla mi leghi a questi giornali: difenderò il mio lavoro e i sacrifici che ha comportato per me e per le persone a me vicine”.
Cosa che, invece, non è avvenuta. E già nella sentenza della Corte d’Appello si poteva leggere come “Saviano non si è limitato a riferire nella loro rigorosa oggettività notizie desunte aliunde, ma si è appropriato anche delle modalità con cui esse erano state esposte, nonché delle parole più significative adoperate dal giornalista (di Cronache). Si è quindi in presenza di una riproduzione abusiva in senso stretto”. Condannando lo scrittore a 60mila euro più 20mila di spese legali nei confronti della Libra Editrice, la cui difesa era stata affidata agli avvocati da Marco Cocilovo e Barbara Taglialatela.
Anche se, proprio su quest’ultimo punto, la Corte di Cassazione ha lasciato più che aperta la questione. Rimandando ad altra Corte d’Appello solo la riquantificazione del danno. Unico, su sei, dei ricorsi vinti dalla difesa di Saviano. Sottolineando ulteriormente, però, come “Si ha violazione dell’esclusiva non solo quando l’opera è copiata integralmente (riproduzione abusiva in senso stretto) ma anche quando si ha contraffazione dell’opera precedente, contraffazione la quale implica delle differenze, oltre che delle somiglianze). Ora, quando si tratta di valutare se c’è o no contraffazione non è determinante, per negarla, l’esistenza di differenze di dettaglio: ciò che conta è che i tratti essenziali che caratterizzano l’opera anteriore siano riconoscibili nell’opera successiva”.
Condanna in primo grado, invece, con sentenza passata in giudicato, proprio per la casa editrice ‘Libra’, che dovrà pagare 5mila euro allo stesso Saviano. L’accusa è quella di aver riprodotto due articoli che lo stesso aveva scritto per ‘Il Manifesto’ e per ‘Repubblica’ sui suoi quotidiani ‘Cronache di Napoli’ e ‘Cronache di Caserta’.
“Sono contento che la Cassazione abbia accolto il mio ricorso contro i quotidiani del gruppo Libra il cui editore è stato condannato per estorsione a mezzo stampa e che titolarono ‘Don Peppe Diana era un camorrista’. In questo momento il mio pensiero va al giornalista Enzo Palmesano licenziato da questi quotidiani per volontà del boss Vincenzo Lubrano”. E’ stato, infine, il commento di Saviano rilasciato sulla sua pagina facebook.
This post was published on Giu 16, 2015 11:32
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