Guitto d'Autore

Glass: la recensione del nuovo film di M. Night Shyamalan

Tre film, tre supereroi, tre titoli che descrivono le loro caratteristiche. Quella di Unbreakable, Split e ora Glass è una trilogia non annunciata e diluita in bel 19 anni, e che vedrà forse la sua conclusione a partire dal 17 gennaio, con l’uscita al cinema di quest’ultimo.

Si comincia nel 2000, quando dopo il successo di Il sesto senso, il regista M. Night Shyamalan ci regala uno dei suoi capolavori Unbreakable, grazie al quale conosceremo David Dunn, una sorta di Superman molto più terreno interpretato da Bruce Willis, e Elijah Price, un uomo malato di osteogenesi imperfetta, noto come l’Uomo di Vetro e interpretato da Samuel L. Jackson.

Ben 16 anni dopo, nel 2016, conosciamo Kevin Wendell Crumb, Dennis, Barry, Patricia, la Bestia e un’altra decina di personaggi, conosciuti come l’Orda, tutti raccolti in un solo uomo affetto da schizofrenia e personalità multipla, impersonato dal bravissimo James McAvoy in Split. È con questo film che Shyamalan esce allo scoperto e ci mostra, precisamente dopo i titoli di coda, la sua volontà di collegare Split ad Unbreakable, come se fosse un sequel e un capitolo di quella che sarà una trilogia, finalmente giunta alla fine, forse, con Glass.

Glass: la trama

Se i primi due film risultano molto indipendenti tra loro, Glass invece ne è una diretta conseguenza e ha bisogno che lo spettatore conosca già i personaggi per riuscire a godere a pieno la visione. Infatti, ritroviamo l’indistruttibile

Sarah Paulson è la Dr. Ellie Staple e Anya Taylor-Joy è Casey Cooke in Glass

David Dunn sulle tracce di Crumb, il criminale senza scrupoli che ha rapito delle cheerleaders. Quando si trova faccia a faccia con la Bestia, ne consegue uno scontro violentissimo, alla fine del quale i due si ritrovano nelle mani della polizia e vengono rinchiusi in un ospedale psichiatrico, lo stesso in cui si trova, ormai da anni, Elijah Price, responsabile di innumerevoli attentati terroristici. I tre si ritrovano insieme sottoposti alle cure della dottoressa Staple, interpretata da una brava Sarah Paulson, impegnata a convincerli che non hanno nessun superpotere e che le incredibili gesta di cui sono stati protagonisti possono essere spiegate con razionalità. Ma chi avrà ragione?

Shyamalan e l’archetipo del supereroe

Ormai, il pubblico è abituato alla spettacolarità e alla semplicità dei cinecomics Marvel e DC, con supereroi in tutina che fanno cose incredibili e provano a salvare l’umanità dai pericoli disseminati dai villains, anche quest’ultimi parecchio stereotipati. Il regista americano di origine indiana, però, nel 2000 ci aveva già visto lungo, diventando un pioniere del cinecomic e facendo con i suoi film un complesso discorso filosofico sui fumetti e sulla realtà.

Sarah Paulson e Samuel L. Jackson in Glass

In Glass si tirano le fila del discorso, i tre supereroi scoprono le proprie origini e anche la riflessione autoriale e originale sul mondo dei fumetti si conclude nel migliore dei modi. Senza troppi effetti speciali né gesta incredibili, ma scavando nella psicologia dei personaggi, andando in profondità. Ci troviamo davanti a una visione ben più realistica dei supereroi, come se ci si domandasse come sarebbe il mondo se questi ultimi vivessero in mezzo a noi comuni mortali, e ci confrontiamo con uomini straordinari che sacrificano la propria vita per questioni più grandi, non importa se siano votate al bene o al male.

Inoltre, M. Night Shyamalan con Glass è riuscito a dimostrare che si può fare un film di supereroi senza budget da capogiro, e creare scontri finali usando solo dei validi attori, una storia avvincente, una buona tecnica di regia e personaggi ben costruiti.

Glass: una degna conclusione

Glass è sicuramente una degna conclusione di una trilogia tanto dilatata e particolare, un film che si avvicina molto più al primo capitolo piuttosto che a quello più recente, anche registicamente parlando.

Unbreakable, Split e Glass possono essere considerati finalmente un unico grande film lungo 19 anni, nonostante il secondo capitolo sembrasse un semplice thriller psicologico che tocca argomenti ben diversi da quelli sui supereroi. Basta un finale nascosto per renderlo l’anello di congiunzione perfetto. Glass si dimostra un film magnifico, che porta tutti i nodi al pettine e ci fa anche apprezzare ciò che nei precedenti capitoli faceva storcere il naso.

James McAvoy è Kevin Wendell Crumb in Glass

Una menzione d’onore va, poi, al bravissimo James McAvoy che più di quanto ha fatto in Split, riesce a lasciarci senza fiato passando da una personalità all’altra in maniera velocissima. In pochi attimi è capace di cambiare espressione, tono di voce, sguardo, movenze e addirittura struttura fisica. Incredibile!

This post was published on Gen 17, 2019 22:20

Rita Guitto

Vivo di cinema e letteratura e credo che il giornalismo sia un modo di essere, poi un lavoro. L’informazione è la giusta leva per far girare il mondo come dovrebbe.

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