Le vittime innocenti vengono spesso indicate come qualcuno che si trovava al posto sbagliato al momento sbagliato, ma è una definizione scorretta, perché non è chi è morto innocentemente per mano di qualcuno, che invece ha intenzionalmente deciso di uccidere, nel torto, ma colui che brandisce l’arma.
Ancor meno ragionevole è quando la vittima è diventata vittima per un malinteso, perché “doveva essere qualcun altro” e questo è sfortunatamente il caso che ricordiamo oggi, all’anniversario della morte di Alberto Vallefuoco, Rosario Flaminio e Salvatore De Falco.
Il 20 luglio 1998 era una giornata calda e tre giovani operai che lavoravano al pastificio Russo erano in pausa. Alberto Vallefuoco aveva da poco cominciato un tirocinio presso il pastificio per 800 lire al mese e quello era un momento qualsiasi di una vita normale, tranquilla e onesta. Poco dopo le quattordici, si avviano per rientrare sul posto di lavoro, ma spunta una macchina, una Lancia, che decide di intromettersi con prepotenza nelle vite di questi tre giovani e di stroncarle prematuramente.
Alberto Vallefuoco, Rosario Flaminio e Salvatore De Falco, tre vite che sono state brutalmente e bruscamente spente, senza un perché. Vite immacolate, senza precedenti. Quando arriva il perché, sembra l’ennesimo colpo di proiettile: erano stati scambiati per membri di un clan rivale. Un perché che non può essere la ragione della fine di una vita, un perché tanto agognato ma che non riporterà indietro le lancetta dell’orologio, non annullerà quei colpi che hanno causato la fine di tre vite.
A distanza di 25 anni da queste morti ingiustificate, si spera in un futuro in cui non ci siano più vittime innocenti. Bruno Vallefuoco, papà di Alberto Vallefuoco si auspica così un futuro diverso: “Mi piace rivolgermi soprattutto ai giovani, perché è su di loro che dobbiamo agire per sperare in un futuro in cui ciò che è accaduto alla mia e a tante, troppe famiglie non accada ad altre“.
This post was published on Lug 20, 2023 21:06
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