venerdì, Aprile 19, 2024
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Questo Natale 2020 “indiscutibilmente fuori dal comune”

Ci accingiamo a trascorrere un Natale indiscutibilmente fuori dal comune. Forse, solo i Natali dei due conflitti mondiali erano attraversati da tanto dolore e sconcerto mischiati alla speranza che le operazioni belliche finissero quanto prima. In qualche modo, ciò vale anche per il Natale del 2020.

Ci stiamo avviando a raggiungere 70 mila vittime riconosciute da Covid e, al contempo, abbiamo una concreta speranza che in un tempo non lontano dovremmo uscire da questo periodo davvero drammatico.

In genere, si dice che il 2020 è un anno da dimenticare, da cancellare.
Un anno da rimuovere dal calendario, se si pensa solo la foto che ritraeva i camion militari che partivano da Bergamo con le bare a bordo. Una foto che più di tante altre ha impresso un marchio alla pandemia che stiamo vivendo e, quindi, sarà parte integrante della memoria storica, del ricordo dell’ anno orribile 2020.
In tutti i nostri discorsi, nelle quotidiane conversazioni diremo per sempre “prima del Covid” e “dopo il Covid”, molto somigliante a “avanti Cristo” e “dopo Cristo”.
Un vero e proprio spartiacque. Il tutto aggravato da un intreccio tra crisi sanitaria ed economica, e nessuno è in grado di prevedere cosa succederà.
Una volta passata la paura di un probabile contagio, che direzione prenderà la rabbia sociale? L’ aumento a dismisura della povertà può diventare un rischio incombente per la nostra democrazia, in quanto può aprire autostrade per i demagoghi.
Questi ultimi hanno trovato, al momento, degli argini per la risposta sorprendentemente innovativa dell’ Europa, ma il pericolo di una implosione sociale è assolutamente ancora dietro l’ angolo.
La perdita continua di posti di lavoro che solo in parte saranno recuperati a pandemia cessata, o almeno ridotta nei suoi effetti più devastanti, pone una serie di sfide per le Istituzioni centrali e periferiche, per la politica, per i corpi intermedi e, infine, per la cittadinanza tutta.
Come non mai, troverà conferma il motto “rinascere o perire”. Ricostruire un nuovo e includente assetto economico e sociale ambientalmente sostenibile o, la sola alternativa possibile, sarà una lotta di tutti contro tutti che ci renderebbe ancora più deboli e soli, esposti senza difesa al primo pifferaio magico che si presenterebbe sulla scena politica.
Ma credo che, come tutte le situazioni estremamente dolorose, anche in questa epoca che stiamo vivendo e che, forse, ci lasceremo alle spalle in un futuro prossimo, sono venuti fuori comportamenti virtuosi e che, se ben valorizzati e diffusi adeguatamente, possono indicarci una strada per provare a risollevarci, a contribuire a diminuire le forti diseguaglianze sociali esistenti anche prima del Covid, ma che, con l’ esplosione di questa grave malattia, sono state illuminate ed aggravate.
A quali comportamenti virtuosi faccio riferimento?
Innanzitutto, non voglio parlare di comportamenti eroici, perché il vero eroismo sta nell’ essere fino in fondo umano che è, tra l’ altro, anche un modo per trascendere dalla morte.
Infatti, si lotta con la morte non soltanto per sopravvivere, ma anche e soprattutto pensando a chi viene dopo di noi.
Una vita veramente vissuta è quella volta a raggiungere uno scopo. Uno scopo non di mera e sterile  autorealizzazione, ma un obiettivo che abbia un impatto collettivo e, in ultima analisi, una benefica continuità della nostra specie.
In particolare, mi riferisco a chi, nel corso di quest’ anno, ha lavorato negli avamposti di umanità, cioè medici e infermieri. Agli scienziati che, scambiandosi dati e informazioni, hanno trovato in tempo di record un vaccino. Agli insegnanti e agli studenti che in mezzo a mille difficoltà hanno provato a mandare avanti le nostre scuole.
Ai lavoratori, agli imprenditori e ai commercianti che hanno messo in campo tutto ciò che era possibile per tenere insieme un minimo di sistema produttivo e commerciale.
A tutti gli operatori degli altri servizi pubblici che non sono venuti meno alla presenza nel proprio posto di lavoro.
A tutti coloro che hanno portato a chi ne aveva urgente bisogno un sollievo morale e materiale.
A tutti coloro che sono seriamente impegnati in politica, soprattutto nelle periferie delle nostre città, provando a elaborare una visione, una idea, un progetto per una maggiore giustizia sociale.
Infine, e non per ordine di importanza, mi riferisco a chi ha continuato a pensare mediante le parole, le immagini, gli scritti, le musiche. Si. Mi riferisco agli artisti che hanno provato a dare un senso a quello che apparentemente un senso non lo aveva.
Credo che un modo di vivere un Natale diverso dal solito di un anno drammaticamente diverso da tutti gli altri, dal secondo dopoguerra a oggi, per i credenti e per i non credenti, sia quello di poter riflettere sul significato profondo di “nascita” e di “redenzione”. Sull’ annuncio evangelico, la cui sapienza è tale anche per chi non è cristiano.
Vincenzo Vacca
Vincenzo Vacca
Sono un artigiano della scrittura. Provo a scrivere non per un desiderio estetizzante, ma per un bisogno di provare a sollevare dubbi. Le certezze esibite mi inquietano. Mi ritengo un uomo che fa domande e mi incuriosiscono le risposte che, in genere, non mi soddisfano.
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