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PASTICHE N°0 di pas/saggi a cura di Renato Carpentieri e Claudio Di Palma

Quarto appuntamento del ciclo di spettacoli proposti dal Teatro Stabile di Napoli al Cortile del Maschio Angioino con la rassegna Scena Aperta.

Si tratta di Pastiche N°0 di pas/saggi, rivista di teatro dal vivo, uno spettacolo a cura di Renato Carpentieri e Claudio Di Palma prodotto dal Teatro Stabile di Napoli–Teatro Nazionale in coproduzione con Fondazione Campania dei Festival–Napoli Teatro Festival Italia, in scena venerdì 24, sabato 25 e domenica 26 luglio sempre alle 21.00.

Nei costumi firmati da Annamaria Morelli, in scena Renato Carpentieri e gli allievi-attori della Scuola dello Stabile: Pasquale AprileFrancesca Cercola, Chiara Cucca, Miriam Della Corte, Matteo De Luca, Valentina Di Leva, Manuel Di Martino, Enrico Disegni, Antonio Elia, Giulia Ercolini, Eleonora Fardella, Angelica Greco, Valentina Martiniello, Simone Miglietta, Gianluigi Montagnaro, Giovanni Nardone, Giulia Piscitelli, Federico Siano, Salvatore Testa, Antonio Turco.

«È – sottolinea il regista e popolare attore di teatro e di cinema – uno gliommero in cui si intrecciano e si agitano frammenti del Teatro del Novecento, in forma di Rivista, ovvero come presentazione di numeri, ad uso degli allievi: una linea di ricerca che vuole privilegiare la forma breve e quindi la sobrietà e la leggerezza, in un singolare montaggio. Invece di progettare uno spettacolo organico e compiuto (che, a prescindere dalla qualità, ha una struttura ingessata, sia dal punto di vista del tempo, sia dal punto di vista della gerarchia dei ruoli), abbiamo sentito il bisogno di frantumare il lavoro in altre forme più dimesse, più modeste. Metteremo in scena frammenti di convivenza umana, secondo punti di vista differenti: drammi, poesie, canzoni, come in un Varietà o Kabarett ideale. E, per fare questo, siamo andati a rovistare, muovendo, spostando, aprendo carte, testi, esercizi e abbiamo interrogato giganti della scena: da una parte occorre risvegliare la memoria del teatro e ridestandola trovare un linguaggio moderno (come diceva la Picon Vallin, studiosa di Meyerch’old) e dall’altra approfittare della libertà degli inizi, che appartiene ai giovani. Con l’attore sperimentato si lima, si elimina; il giovane attore si libera, gli si dà fiducia, purché si conservi il senso e l’intelligibilità. È un esperimento che vale la pena di fare».

Redazione Desk
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