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“Le nostre vite cominceranno a finire, il giorno in cui resteremo silenziosi di fronte alle cose che contano”

di Roberto Braibanti

La notizia di  questa settimana che più mi ha colpito? Viene da Roma e come spesso capita da un po’ di tempo, è passata nell’indifferenza generale. E questo è preoccupante (per noi tutti) perché ormai ci capita con troppi avvenimenti tragici o non accettabili che sentiamo ogni giorno in tv, spesso tra un primo piatto e un litigio con figli/partner/familiari. E che invece dovrebbero lasciarci arrabbiati o perlomeno interessarci, farci reagire, indignarci. E invece sempre più spesso, siamo  talmente ”assuefatti”, superficialmente  abituati a non approfondire, che li osserviamo distrattamente, ormai con apatica rassegnazione.

Questa settimana all’Ospedale San Camillo di Roma, i pazienti sono stati trovati dai Carabinieri ”ricoverati” sui materassi sistemati direttamente per terra.
Erano finite pure le barelle. Gia’ perché a Roma, (dove c’è il “buco” piu grande nei conti della sanità) succedono cose ormai indecenti. Ad esempio  succede  che  ci siano 39 Ambulanze del 118 ferme nei Pronti Soccorsi di diversi ospedali di Roma e Provincia” , vale a dire “oltre un quarto dei mezzi di soccorso normalmente operativi sul territorio romano. Perché questi ultimi sono  impossibilitati a “liberare le barelle”.  Ovviamente per mancanza assoluta dei posti letto nelle Terapie Intensive e di Rianimazione.

Per dirla tutta e dare dei numeri: dal  1 gennaio 2014 su 350 richieste di posto “letto critico” (cioè di un paziente che necessita di cure ospedaliere urgenti)  solo 50 sono state evase dalla Centrale Operativa Regionale dell’ARES 118 , in pratica solo il 17% di questa criticità viene affrontata concretamente con l’individuazione del posto letto specialistico. Il restante 83 % resta in attesa. Ma questo è solo un esempio di ciò che accade ovunque nel disastro Sanità Italiana. Già, perché la sanità assorbe in questo paese circa il 70% dei budget regionali. Eppure racchiude ovunque ma più spesso al sud e nelle isole, la peggiore inefficienza e i maggiori sprechi di questo disastrato Paese. E ovviamente noi in Campania ”talloniamo” il Lazio da vicino in questo non invidiabile primato.

Ma per capire qualcosa sulla Sanità cominciamo da quella parola tanto di moda fra gli imprenditori di confindustria un anno fa, nell’era del governo Monti: la spending rewiew, la ricordate? La sua scure colpisce come previsto anche gli ospedali: le unità di degenza ospedaliere in Italia sono diminuite tra il 2012 e il 2013 di almeno 7.389 unità. Si e’ passati lo scorso anno da 3,82 al 3,7 nella media italiani di posti letto per mille abitanti ( per inciso lo 0,7 deve essere dedicato a riabilitazione e lungo-degenti e i restanti 3 per gli acuti.) Secondo i dati del ministero della Salute, in pratica, si è passati dai 231.707 posti letto (3,82 ogni mille abitanti) censiti in Italia al 1° gennaio 2012 a 224.318 (3,7 ogni mille abitanti).

Ma la Campania pur avendo una media posti letto inferiore a quella richiesta già oggi (infatti abbiamo tagliato molti, troppi servizi col nostro Governatore/Commissario regionale alla Sanità Caldoro), non intende beneficiare di questa possibilità perché, in teoria ,trascinerebbe con sè anche le dotazioni di personale, quindi spese di assunzioni/stipendi. Tra l’altro il saldo per la Campania è positivo solo in virtù dei posti di lungodegenza da attivare mentre il saldo di quelli per acuti dovrebbe essere di oltre 1.700 in meno,ma nel frattempo abbiamo circa 10.000 posti in meno di personale medico/infermieristico, scoperti.

Del resto il Piano ospedaliero, prevede tagli ai posti letto a fronte di risparmi strutturali, per 206 milioni l’anno. Per cui, riassumendo, i posti letto ospedalieri in Campania prima della spending erano 16.963 ora, dopo, sono 18.647, vale a dire circa 1700 in più (paradossale no?) però, per le ragioni dette sopra, non si possono usare (!).

Da qui si spiega la ”stranezza” che notiamo ogni volta che entriamo in un Pronto Soccorso: ospedali sovraccarichi che non sanno dove sistemare un umanità dolente e altri (come i policlinici) che hanno palazzi interi di reparti completamente vuoti o trasformati in uffici/ambulatori. Ma ben si sa, dall’Ass. Montemarano a Santangelo, da Severino Nappi fino a Caldoro, attuale commissario ad acta, nulla è cambiato, per i pazienti,  in questi anni. Perché è ancora il virus della malapolitica a infettare la sanità.

Dove prevalgono nepotismo, assunzioni clientelari, primariati di valenza politica, tagli fatti solo sui servizi e non sugli sprechi (vero Governatore Caldoro?)
Il decalogo delle carenze è lungo, ne cito solo gli esempi più macroscopici.

Liste di attesa: è il più grave degli scandali tollerati. Ma per avere giustizia non si può sempre chiedere aiuto a magistrati, finanza e carabinieri. Occorrono mesi per una visita, un esame o un intervento. Però bastano ore o giorni, se si paga. “C´è un sistema per far presto, accetta?” solita domanda. È il sistema “intramoenia” che in Campania degenera in abusi ormai risaputi, che rende privata la sanità pubblica, che favorisce i malati ricchi sui malati poveri. Come mai qualche medico ha poco tempo per chi è in lista, ma tanto per chi stacca l’assegno? De Minno, manager dell´Asl 1 scrisse più lettere, con nomi e reparti. Chissà dove sono finite. Lui intanto ha perso il posto.

Fusione delle Asl: la definirei un modo effimero per sanare ” platealmente” i conti da parte dell’assessorato Regionale alla Sanità. Taglia gli stipendi di una ventina di manager.Peccato che sul  bilancio  della nostra sanità incide invece, al 90%, il personale che non sarà mai ricollocato. E sopratutto peccato che siano stati esonerati proprio i direttori che abolivano sprechi e consulenze. È complessa la gestione di un’Asl. Immaginate ora che un solo burocrate della Regione, estraneo alla sanità, ne gestisce due, che servono mediamente 1,5/2 milioni di abitanti. Secondo voi può funzionare ? No, infatti non funziona,come vediamo ogni giorno.

Fuga dei pazienti in altre Regioni più efficienti: una fuga che va frenata. Per risparmiare. Chi va fuori regione  pesa sul bilancio della Campania. Doppio danno. La soluzione ci sarebbe se fossimo una regione ”seria”: vale a dire potenziare le strutture pubbliche, con grandi firme e tecnologie, ridistribuendo il personale, incentivandolo sul merito, amplificare i servizi di dayHospital (oggi aboliti) e sopratutto di cura ospedaliera domiciliare.( ADO/ADI). Che costa un decimo e migliora la vita del paziente. Invece avviene il contrario. Le risorse, già scarse, sono dirottate dagli ospedali ai centri privati e a nomine politiche, oggi in ”salsa PDL” come ieri in salsa ex Dc. Sotto la corte bassoliniana non sempre il merito del candidato Primario/Manager/Dirigente  è pari al potere di chi lo raccomanda. Anzi, quasi mai. E di conseguenza i reparti perdono qualità e pazienti.

Squilibrio nei posti di degenza: è rinviata la vera riforma tra territorio, affluenza e posti letto. Un reparto modesto ha spesso letti vuoti o lunghe degenze. La Regione non interviene. Tace. I migliori reparti invece gonfiano le liste d’attesa, legittimano l´intramoenia, quindi giustificano gli abusi.

Barelle nei corridoi: famosissime al Cardarelli, sono diffuse ovunque. Le cause sono due. La prima è l’emergenza che andrebbe fatta nel  pronto soccorso e  dopo le prime cure malati o feriti dovrebbero essere destinati ai reparti. Invece non succede così come dovrebbe. Succede invece che l’emergenza è un ospedale nell’ospedale, che rende sovraffollato il pronto soccorso e dirada poco agli altri padiglioni, dove contano la bravura o l’inerzia del primario. La seconda causa: per i motivi affrontati sopra gli altri ospedali regionali  non fanno argine, non hanno medici o apparecchi adeguati. Quindi un’iniezione, una firma alla cartella, e tanta buona fortuna, il malato si rimette in viaggio con l’ambulanza, verso il Cardarelli, il Loreto Mare, il S.Paolo, La Schiana, dove una barella o uno specialista non si negano mai.

Ospedali inutili (o resi tali strumentalmente): sono carichi di personale, blindati da sindaci e campanilismo, ma spesso inutili. Determinano il caos barelle in altri centri. Ma nessuno osa trasferire medici o infermieri dove mancano. Chi rimane, intanto perde quota. È affidabile un pronto soccorso di paese, spesso senza terapia intensiva e/o AnestesiaRianimazione ,con chirurghi che non operano spesso? Prevale quindi l’ospedale  convenzionato. Villa Betania, centro evangelico, è un raro esempio di efficienza. E consente ai politici di programmare l’eterno Ospedale del mare a Napoli Est (che nel frattempo ha raddoppiato i costi iniziali per essere completato, forse, nel 2017).

I Policlinici: ci si mettono anche loro. Con 250 primari per 1200 posti, uno per meno di 5 letti, non sono ancora pronto soccorso, il perché non e’ dato sapere. Per le urgenze, mandano agli ospedali, e riparte il discorso fatto poche righe più su. Insomma capirete bene che in questo disastro l’unico augurio che ci possiamo fare è di essere sempre in salute o nel caso contrario, di essere fortunati di trovare uno di quei tantissimi eroi in camice bianco, sia medici che infermieri, che malgrado tutto, spesso riescono a fare autentici miracoli. Che sono le vere vittime, insieme ai cittadini, di questo perverso meccanismo che ha trasformato quello che era riconosciuto come il miglior sistema sanitario del mondo, nel girone dantesco di cui vi ho scritto qualche esempio.

E lo sono ogni giorno. Sempre in quel disinteresse generale, di cui parlavo all’inizio, e che forse e’ all’origine di tutto questo.

19 gennaio 2014

Giuliana Gugliotti
Giuliana Gugliottihttps://www.roadtvitalia.it
Nasco in Ottobre, prima del tempo. Mi resta addosso l'ansia di fare, negli anni imparo che la fretta è cattiva consigliera. Odio le approssimazioni, amo Napoli, l'odore dei libri e le cose ben fatte.
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